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VITA DI CIMABUE 85

et San Francesco, cioè in ogni tondo una di queste figure, et in ogni quarto della volta un tondo. E fra questa, e la quinta crociera, dipinse la quarta di stelle d’oro, come disopra in azurro d’oltramarino. Nella quinta dipinse i quattro Dottori della chiesa, et appresso a ciascuno di loro, una delle quattro prime religioni, opera certo faticosa, et condotta con diligenza infinita. Finite le volte lavorò pure in fresco le facciate di sopra della banda manca di tutta la chiesa, facendo verso l’altar maggiore fra le finestre, et insino alla volta otto storie del testamento vecchio, cominciandosi dal principio del Genesi, e seguitando le cose piu notabili. Et nello spazio, che è intorno alle finestre insino a che le terminano in sul corridore, che gira intorno dentro al muro della Chiesa dipinse il rimanente del testamento vecchio in altre otto storie. E dirimpetto a questa opera in altre sedici storie, ribattendo quelle, dipinse i fatti di nostra donna, e di Giesu Christo. E nella facciata da pie sopra la porta principale, e intorno all’occhio della Chiesa, fece l’ascendere di lei in cielo, et lo spirito santo, che discende sopra gl’Apostoli. Laqual opera veramente grandissima, et ricca et benissimo condotto, dovette per mio giudizio, fare in que’ tempi stupire il mondo, essendo massimamente stata la pittura tanto tempo in tanta cecità. Et a me, che l’anno 1563. la rividi parve bellissima, pensando come in tante tenebre potesse veder Cimabue tanto lume. Ma di tutte queste pitture (al che si deve haver considerazione) quelle delle volte, come meno dalla polvere, e da gl’altri accidenti offese, si sono molto meglio, che l’altre conservate. Finite queste opere, mise mano Giovanni a dipignere le facciate disotto, cioè quelle che sono dalle finestre in giu, et vi fece alcune cose, ma essendo a Firenze da alcune sue bisogne chiamato, non seguito altramente il lavoro; ma lo finì, come al suo luogo si dirà, Giotto, molti anni dopo. Tornato dunque Cimabue a Firenze, dipinse nel chiostro di Santo Spirito, dove è dipinto alla greca da altri maestri, tutta la banda di verso la Chiesa, tre Archetti di sua mano, della vita di Crhisto, et certo con molto disegno. Et nel medesimo tempo mandò alcune cose da se lavorate in Firenze, a Empoli, lequali ancor hoggi sono nella pieve di quel castello tenute in gran venerazione. Fece poi per la Chiesa di Santa Maria Novella la Tavola di Nostra Donna, che è posta in alto fra la capella de’ Rucellai, e quella de’ Bardi da Vernia; Laquale opera fu di maggior grandezza, che figura, che fusse stata fatta insin’a quel tempo. Et alcuni Angeli, che le sono intorno, mostrano, ancor che egli havesse la maniera greca, che s’andò accostando in parte al lineamento, et modo della moderna. Onde fu questa opera di tanta maraviglia ne’ popoli di quell’età, per non si esser veduto insino allora meglio, che da casa di Cimabue fu con molta festa, et con le trombe alla chiesa portata con solennissima processione, et egli percio molto premiato, et honorato. Dicesi, et in certi ricordi di vecchi pittori si legge, che mentre Cimabue la detta tavola dipigneva in certi orti appresso porta San Piero; che passò il Re Carlo il vecchio d’Angiò per Firenze, et che fra le molte accoglienze fattegli da gl’huomini di questa Città, e lo condussero a vedere la tavola di Cimabue. E che per non essere ancora stata veduta da nessuno, nel mostrarsi al Re vi concorsero tutti gl’huomini, et tutte le Donne di Firenze, con grandissima festa, et con la maggior calca del mondo. La onde per l’allegrezza, che n’hebbero i vicini, chiamarono quel luogo Borgoallegri, il-


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