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86 PRIMA PARTE

quale col tempo messo fra le mura della città, ha poi sempre ritenuto il medesimo nome. In San Francesco di Pisa, dove egli lavorò, come si è detto disopra, alcune altre cose, è di mano di Cimabue nel chiostro allato alla porta, che entra in chiesa in un cantone, una tavolina a tempera, nella quale è un Christo in croce con alcuni Angeli a torno, i quali piangendo pigliano con le mani certe parole, che sono scritte intorno alla testa di Christo, e le mandano all’orecchie d’una nostra Donna, che a man ritta, sta piangendo, e dall’altro lato a san Giovanni Evangelista, che è tutto dolente a man sinistra: E sono le parole alla Vergine; Mulier Ecce Filius Tuus, e quelle a san Giovanni: Ecce Mater Tua. E quelle, che tiene in mano un’altr’angel’appartato: dicano ex illa hora accepit eam discipulus in suam. Nel che è da considerare, che Cimabue cominciò a dar lume, et aprire la via all’invenzione, aiutando l’arte con le parole, per esprimere il suo concetto; Il che certo fu cosa capricciosa, e nuova. Hora, perche, mediante queste opere, s’haveva acquistato Cimabue con molto utile grandissimo nome, egli fu messo per Architetto in compagnia d’Arnolfo Lapi, huomo allora nell’architettura eccellente, alla fabrica di Santa Maria del Fior in Fiorenza. Ma finalmente, essendo vivuto sessanta anni passò all’altra vita l’anno Mille trecento, havendo poco meno, che resuscitata la pittura. Lasciò molti discepoli, e fra gl’altri Giotto, che poi fu Eccellente pittore, Ilquale Giotto habitò dopo Cimabue nelle proprie case del suo Maestro nella via del Cocomero. fu sotterato Cimabue in Santa Maria delfiore con questo epitaffio fattogli da uno de’ Nini.

Credidit ut Cimabos pcturæ castra tenere,
Sic tenuit; Nunc tenet astra poli.

Non lascerò di dire, che se alla gloria di Cimabue, non havesse contrastato la grandezza di Giotto suo discepolo, sarebbe stata la fama di lui maggiore, come ne dimostra Dante nella sua comedia, dove alludendo nell’undecimo canto del purgatorio, alla stessa inscrizzione della sepoltura, disse:

Credette Cimabue, nella pittura
Tener lo campo, et hora ha Giotto il grido;
Si che la fama di colui oscura.

Nella dichiarazione de’ quali versi un Comentatore di Dante, ilquale scrisse nel tempo, che Giotto vivea; E dieci, o dodici anni dopo la morte d’esso Dante, cio è in torno agl’anni di Christo Mille trecento trentaquattro, dice, parlando di Cimabue queste proprie parole precisamente: Fu Cimabue di Firenze pintore nel tempo di lautore, molto nobile di piu che homo sapesse, et con questo fue si arogante, et si disdegnoso, che si per alcuno li fusse a sua opera posto alcun fallo, o difetto o elli da se lavessi veduto: che come accade molte volte l’Artefice pecca per difetto della materia, in che adopra; o per mancamento ch’è nello strumento con che’ lavora: Inmantenente quell’opra disertava, fussi cara quanto volesse. Fu, et è Giotto in tra li dipintori il piu sommo della medesima Città di Firenze, e le sue opere il testimoniano a Roma, a Napoli, a vignone, a Firenze, a Padova, et in molte parti del mondo etc. il qual comento è hoggi appresso il molto Reverendo Don Vincenzio Borghini priore degl’Innocenti, huomo non solo per nobiltà, bontà e dottrina chia


rissimo,