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322 SECONDA PARTE

che reggono il tetto. Aveva dunque Filippo per questo effetto, fra due legni di que’ che reggevano il tetto della chiesa, accomodata una mezza palla tonda a uso di scodella vota, o vero di bacino da barbiere, rimboccata all’ingiù; la quale mezza palla era di tavole sottili e leggeri, confitte a una stella di ferro che girava il sesto di detta mezza palla, e strignevano verso il centro, che era bilicato in mezzo, dove era un grande anello di ferro intorno al quale girava la stella de’ ferri che reggevano la mezza palla di tavole. E tutta questa machina era retta da un legno d’abeto gagliardo e bene armato di ferri, il quale era a traverso ai cavalli del tetto. Et in questo legno era confitto l’anello, che teneva sospesa e bilicata la mezza palla, la quale da terra pareva veramente un cielo. E perchè alla aveva da piè nell’orlo di dentro certe base di legno, tanto grandi e non più che uno vi poteva tenere i piedi, et all’altezza d’un braccio, pur di dentro, un altro ferro, si metteva in su ciascuna delle dette basi un fanciullo di circa dodici anni e col ferro alto un braccio e mezzo si cigneva in guisa che non arebbe potuto, quando anco avesse voluto, cascare. Questi putti, che in tutto erano dodici, essendo accomodati come si è detto, sopra le base e vestiti da Angeli con ali dorate e capegli di mattasse d’oro, si pigliavano, quando era tempo, per mano l’un l’altro; e dimenando le braccia, pareva che ballassino, e massimamente girando sempre e movendosi la mezza palla dentro la quale, sopra il capo degl’Angioli, erano tre giri o ver ghirlande di lumi accomodati con certe piccole lucernine, che non potevano versare; i quali lumi da terra parevano stelle: e le mensole, essendo coperte di bambagia, parevano nuvole. Del sopra detto anello usciva un ferro grossissimo, il quale aveva a canto un altro anello, dove stava apiccato un canapetto sottile che, come si dirà, veniva in terra. E perchè il detto ferro grosso aveva otto rami che giravano in arco quanto bastava a riempire il vano della mezza palla vota e il fine di ciascun ramo un piano grande quanto un tagliere; posava sopra ogni piano un putto di nove anni in circa, ben legato con un ferro saldato nelle altezza del ramo, ma però in modo lento, che poteva voltarsi per ogni verso. Questi otto angioli retti del detto ferro mediante un arganetto che si allentava a poco a poco, calavano dal vano della mezza palla fino sotto al piano de’ legni piani che reggono il tetto, otto braccia, di maniera che erano essi veduti e non toglievano la veduta degl’angioli, ch’erano intorno al didentro della mezza palla. Dentro a questo mazzo degl’otto Angeli (che così era propriamente chiamato) era una mandorla di rame, vota dentro, nella quale erano in molti buchi certe lucernine messe in sur un ferro a guisa di cannoni, le quali, quando una molla che si abbassava era tocca, tutte si nascondevano nel voto della mandorla di rame; e come non si aggravava la detta molla, tutti i lumi, per alcuni buchi di quella, si vedevano accesi. Questa mandorla, la quale era apiccata a quel canapetto, come il mazzo era arivato al luogo suo, allentato il picciol canapo da un altro arganetto, si moveva pian piano e veniva sul palco dove si recitava la festa, sopra il qual palco, dove la mandorla aveva da posarsi a punto, era un luogo alto a uso di residenza, con quattro gradi; nel mezzo del quale era una buca, dove il ferro apuntato di quella mandorla veniva a diritto. Et essendo sotto la detta residenza un uomo, arivata la mandorla