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324 SECONDA PARTE

i capitani di Parte Guelfa di Firenze di fare uno edifizio et in quello una sala et una udienza per quello magistrato, ne diedero cura a Francesco della Luna, il quale, cominciato l’opera, l’aveva già alzata da terra dieci braccia e fattovi molti errori, quando ne fu dato cura a Filippo, il quale ridusse il detto palazzo a quella forma e magnificenza che si vede. Nel che fare ebbe a competere con il detto Francesco che era da molti favorito sì come sempre fece mentre che visse, or con questo, et or (con) quello, che facendogli guerra lo travagliarono sempre, e bene spesso cercavano di farsi onore con i disegni di lui. Il quale infine si ridusse a non mostrare alcuna cosa et a non fidarsi di nessuno. La sala di questo palazzo oggi non serve più ai detti capitani di Parte perchè avendo il diluvio dell’anno 1557 fatto gran danno alle scritture del Monte, il signor duca Cosimo, per maggior sicurezza delle dette scritture che sono di grandissima importanza, ha ridotta quella et il magistrato insieme, nella detta sala. E acciò che la scala vecchia di questo palazzo serva al detto magistrato de’ capitani, il quale separatosi dalla detta sala, che serve al Monte, si è in un’altra parte di quel palazzo ritirato, fu fatta da Giorgio Vasari, di commessione di sua eccellenza, la commodissima scala che oggi va in su la detta sala del Monte. Si è fatto similmente, col disegno del medesimo, un palco a quadri, e fattolo posare, secondo l’ordine di Filippo, sopra alcuni pilastri acanalati di macigno. Era una quaresima, in S. Spirito di Fiorenza, stato predicato da maestro Francesco Zoppo, allora molto grato a quel popolo e raccomandato molto il convento, lo studio de’ giovani e particularmente la chiesa arsa in que’ dì; onde i capi di quel quartiere, Lorenzo Ridolfi, Bartolomeo Corbinelli, Neri di Gino Capponi e Goro di Stagio Dati et altri infiniti cittadini ottennero da la Signoria di ordinar che si rifacesse la chiesa di S. Spirito, e ne feciono provveditore Stoldo Frescobaldi. Il quale per lo interesso che egli aveva nella chiesa vecchia, chè la capella e l’altare maggiore era di casa loro, vi durò grandissima fatica. Anzi da principio, inanzi che si fussino riscossi i danari, secondo che erano tassati i sepultuarii e chi ci aveva cappelle, egli di suo spese molte migliaia di scudi, de’ quali fu rimborsato. Fatto dunque consiglio sopra di ciò, fu mandato per Filippo, il quale facesse un modello con tutte quelle utili et onorevoli parti che si potesse e convenissero a un tempio cristiano; laonde egli si sforzò che la pianta di quello edifizio si rivoltasse capo piedi, perchè desiderava sommamente che la piazza arrivasse lungo Arno, acciò che tutti quelli che di Genova e de la Riviera, e di Lunigiana, del Pisano e del Luchese passassero di quivi, vedessino la magnificenza di quella fabbrica; ma perchè certi, per non rovinare le case loro, non vollono, il disiderio di Filippo non ebbe effetto. Egli dunque fece il modello della chiesa et insieme quello dell’abitazione de’ frati in quel modo che sta oggi. La lunghezza della chiesa fu braccia 161 e la larghezza braccia 54, e tanto ben ordinata, che non si può fare opera, per ordine di colonne e per altri ornamenti, nè più ricca, nè più vaga, nè più ariosa di quella. E nel vero, se non fusse stato dalla maladizione di coloro, che sempre per parere d’intendere più che gl’altri, guastano i principii belli delle cose, sarebbe questo oggi il più perfetto tempio di cristianità, così come per quanto egli è, è il più vago e meglio spartito di qualunque altro, se bene non è secondo il modello stato seguito; come si vede