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348 SECONDA PARTE

è per ogni verso, essendo in croce braccia centosessanta, et altre tanto quello delle donne; la larghezza è braccia sedici; e nelle quattro quadrature, che circondano le croci di ciascuno di questi appartati, sono quattro cortili, circondati di portici, logge e stanze per uso dello spedalingo, uffiziali serventi e ministri dello spedale, molto commodi ed utili. E da una banda è un canale, dove corrono continuamente acque per servigi dello spedale e per macinare, con non piccolo utile e commodo di quel luogo, come si può ciascuno imaginare. Fra uno spedale e l’altro è un chiostro, largo per un verso braccia ottanta e per l’altro centosessanta, nel mezzo del quale è la chiesa, in modo accomodata, che serve all’uno e a l’altro apartato. E per dirlo brevemente, è questo luogo tanto ben fatto et ordinato, che per simile non credo ne sia un altro in tutta Europa. Fu, secondo che scrive esso Filarete, messa la prima pietra di questa fabrica solenne processione di tutto il clero di Milano, presente il duca Francesco Sforza, la signora Biancamaria e tutti i loro figliuoli, il marchese di Mantova e l’ambasciador del re Alfonso d’Aragona, con molti altri signori. E nella prima pietra che fu messa ne’ fondamenti e così nelle medaglie, erano queste parole:

Franciscus Sfortiae Dux IIII, qui amissum per praecessorum obitum urbis imperium recuperavit, hoc munus Christi pauperibus dedit, fundavitque 1457, die 12 aprilis.

Furono poi dipinte nel portico queste storie da maestro Vincenzio di Zoppa lombardo, per non essersi trovato in que’ paesi miglior maestro. Fu opera ancora del medesimo Antonio la chiesa maggior di Bergamo fatta da lui con non manco diligenza e giudizio, che il sopra detto spedale. E perchè si dilettò anco di scrivere, mentre che queste sue opere si facevano, scrisse un libro diviso in tre parti: nella prima tratta delle misure di tutti gl’edifizii e di tutto quello fa bisogno a voler edificare; nella seconda del modo dell’edificare et in che modo si potesse far una bellissima e commodissima città; nella terza fa nuove forme d’edifizii, mescolandovi così degl’antichi come de’ moderni; tutta la quale opera è divisa in ventiquattro libri e tutta storiata di figure di sua mano. E come che alcuna cosa buona in essa si ritruovi, è nondimeno per lo più ridicola e tanto sciocca, che per avventura è nulla più. Fu dedicata da lui l’anno 1464 al Magnifico Piero di Cosimo de’ Medici, et oggi è fra le cose dell’illustrissimo signor duca Cosimo. E nel vero se, poi che si mise a tanta fatica, avesse almeno fatto memoria de’ maestri de’ tempi suoi e dell’opere loro, si potrebbe in qualche parte comendare; ma non vi se ne trovano se non poche, e quelle sparse senza ordine per tutta l’opera; e dove meno bisognava ha durato fatica, come si dice, per impoverire e per esser tenuto di poco giudizio in mettersi a far quello che non sapeva. Ma avendo detto pur assai del Filarete, è tempo oggimai che io torni a Simone fratello di Donato, il quale, dopo l’opera della porta, fece di bronzo la sepoltura di papa Martino. Similmente fece alcuni getti che andarono in Francia e molti che non si sa dove siano. Nella chiesa degl’Ermini al Canto alla Macine di Firenze fece un Crucifisso da portare a processione grande quanto il vivo; e perchè fusse più leggero lo fece di sughero. In S. Felicita fece una Santa Maria Maddalena in penitenza, di terra, alta braccia tre e mezzo con bella proporzione e con scoprire i muscoli di sorte, che mostrò d’intender molto bene la notomia. Lavorò ne’ Servi