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LEON BAT. ALBERTI 369

cappella, è un sepolcro di marmo molto ben fatto, in forma ovale e bislungo, simile, come in esso si legge, al sepolcro di Gesù Cristo in Gierusalem. Ne’ medesimi tempi, volendo Lodovico Gonzaga marchese di Mantoa, fare nella Nunziata de’ Servi di Firenze la tribuna e cappella maggiore col disegno e modello di Leon Battista, fatto rovinar a sommo di detta chiesa una cappella quadra, che vi era vecchia e non molto grande, dipinta all’antica, fece la detta tribuna capricciosa e difficile, a guisa d’un tempio tondo, circondato da nove cappelle, che tutte girano in arco tondo e dentro sono a uso di nicchia: per lo che, reggendosi gl’archi di dette cappelle in sui pilastri dinanzi, vengono gl’ornamenti dell’arco di pietra, accostandosi al muro, a tirarsi sempre in dietro per appoggiarsi al detto muro, che secondo l’andare della tribuna gira in contrario; onde quando i detti archi delle cappelle si guardano dagli lati par che caschino indietro e che abbiano, come hanno invero, disgrazia, se bene la misura è retta et il modo di fare difficile. E invero se Leonbattista avesse fuggito questo modo, sarebbe stato meglio; perchè, se bene è malagevole a condursi, ha disgrazia nelle cose piccole e grandi e non può riuscir bene. E che ciò sia vero nelle cose grandi, l’arco grandissimo dinanzi che dà l’entrata alla detta tribuna, dalla parte di fuori è bellissimo, e di dentro, perchè bisogna che giri secondo la cappella che è tonda, pare che caschi all’indietro e che abbia estrema disgrazia. Il che forse non arebbe fatto Leonbattista, se con la scienza e teorica, avesse avuto la pratica e la sperienza nell’operare; perchè un altro arebbe fuggito quella difficultà e cercato più tosto la grazia e maggior bellezza dell’edifizio. Tutta questa opera in sè, per altro, è bellissima, capricciosa e difficile, e non ebbe Leonbattista se non grande animo a voltare in quei tempi quella tribuna nella maniera che fece. Dal medesimo Lodovico marchese condotto poi Leonbattista a Mantoa, fece per lui il modello della chiesa di S. Andrea, e d’alcune altre cose; e per la via d’andare da Mantoa a Padoa, si veggiono alcuni tempii fatti secondo la maniera di costui. Fu esecutore de’ disegni e modelli di Leonbattista, Salvestro Fancelli fiorentino, architetto e scultore ragionevole, il quale condusse secondo il volere di detto Leonbattista tutte l’opere che fece fare in Firenze, con giudizio e diligenza straordinaria. E in quelli di Mantoa un Luca fiorentino, che abitando poi sempre in quella città e morendovi lasciò il nome, secondo il Filareto, alla famiglia de’ Luchi, che vi è ancor oggi. Onde fu non piccola ventura la sua aver amici che intendesseno, sapessino e volessino servire; perciò che non potendo gl’architetti star sempre in sul lavoro, è loro di grandissimo aiuto un fedele et amorevole essecutore, e se niuno mai lo seppe, lo so io benissimo per lunga pruova. Nella pittura non fece Leonbattista opere grandi nè molto belle, conciò sia che quelle che si veggiono di sua mano, che sono pochissime, non hanno molta perfezzione; nè è gran fatto, perchè egli attese più agli studi che al disegno; pur mostrava assai bene, disegnando, il suo concetto, come si può vedere in alcune carte di sua mano che sono nel nostro libro; nelle quali è disegnato il ponte Sant’Agnolo et il coperto che col disegno suo vi fu fatto a uso di loggia, per difesa del sole ne’ tempi di stati, e delle piogge e de’ venti l’inverno; la quale opera gli fece far papa Nicola Quinto, che aveva disegnato