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ANTONIO, E BERNARDO. 413

può dir vera, e veramente chiamare moderna. Fece nel palazzo de’ Medici la fontana di marmo che è nel secondo cortile, nella quale sono alcuni fanciulli, che sbarrano delfini che gettano acqua, et è finita con somma grazia e con maniera diligentissima. Nella chiesa di Santa Croce a la pila dell’acqua santa, fece la sepoltura di Francesco Nori, e sopra quella una Nostra Donna di basso rilievo et una altra Nostra Donna in casa de’ Tornabuoni, e molte altre cose mandate fuori in diverse parti, sì come a Lione di Francia una sepoltura di marmo. A San Miniato a Monte, monasterio de’ monaci bianchi fuor delle mura di Fiorenza, gli fu fatto fare la sepoltura del cardinale di Portogallo, la quale sì maravigliosamente fu condotta da lui, e con diligenza et artifizio così grande, che non si imagini artefice alcuno di poter mai vedere cosa alcuna che di pulitezza o di grazia passare la possa in maniera alcuna. E certamente a chi la considera pare impossibile, non che difficile, che ella sia condotta così, vedendosi in alcuni Angeli che vi sono tanta grazia e bellezza d’arie, di panni e d’artifizio, che e’ non paiono più di marmo, ma vivissimi: di questi, l’uno tiene la corona della verginità di quel cardinale, il quale si dice che morì vergine, l’altro la palma della vittoria che egli acquistò contra il mondo. E fra le molte cose artifiziosissime che vi sono, vi si vede un arco di macigno che regge una cortina di marmo aggruppata, tanto netta, che fra il bianco del marmo et il bigio del macigno, ella pare molto più simile al vero panno, che al marmo. In su la cassa del corpo sono alcuni fanciulli veramente bellissimi et il morto stesso, con una Nostra Donna in un tondo, lavorata molto bene. La cassa tiene il garbo di quella di porfido, che è in Roma su la piazza della Ritonda. Questa sepoltura del cardinale fu posta su nel 1459 e tanto piacque la forma sua e l’architettura della cappella al Duca di Malfi nipote di papa Pio Secondo, che dalle mani del maestro medesimo ne fece fare in Napoli un’altra per la donna sua, simile a questa in tutte le cose, fuori che nel morto. Di più vi fece una tavola di una Natività di Cristo nel presepio con un ballo d’Angeli in su la capanna, che cantano a bocca aperta, in una maniera che ben pare che dal fiato in fuori Antonio desse loro ogn’altra movenza et affetto, con tanta grazia e con tanta pulitezza, che più operare non possono nel marmo il ferro e l’ingegno. Per il che sono state molto stimate le cose sue da Michelagnolo e da tutto il restante degl’artefici più che eccellenti. Nella Pieve d’Empoli fece di marmo un San Bastiano che è tenuto cosa bellissima; e di questo avemo un disegno di sua mano nel nostro libro, con tutta l’architettura e figure della cappella detta di San Miniato in Monte, et insieme il ritratto di lui stesso. Antonio finalmente si morì in Fiorenza d’età d’anni 46, lasciando un suo fratello architettore e scultore, chiamato Bernardo, il quale in Santa Croce fece di marmo la sepoltura di Messer Lionardo Bruni aretino, che scrisse la storia fiorentina e fu quel gran dotto che sa tutto il mondo. Questo Bernardo fu nelle cose d’architettura molto stimato da papa Nicola Quinto, il quale l’amò assai, e di lui si servì in moltissime opere che fece nel suo pontificato; e più averebbe fatto, se a quell’opere che aveva in animo di far quel Pontefice, non si fusse interposta la morte. Gli fece dunque rifare, secondo che racconta Giannozzo Manetti, la piazza di Fabriano, l’anno che per la peste vi stette alcuni mesi; e dove era stretta e malfatta, la riallargò e ridusse