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432 SECONDA PARTE

vi aveva fatto una grande storia, quando dall’invidia d’alcuni maligni fu forzato a partirsi e non seguitare altramente quella onoratissima impresa. Ora Gentile, o per avere miglior modo e più pratica nel dipignere in tela che a fresco, o qualunche altra si fusse la cagione, adoperò di maniera che con facilità ottenne di fare quell’opera non in fresco, ma in tela. E così messovi mano, nella prima fece il papa che presenta al doge un cero, perchè lo portasse nella solennità di processioni che s’avevano a fare. Nella quale opera ritrasse Gentile tutto il difuori di S. Marco et il detto papa fece ritto in pontificale con molti prelati dietro, e similmente il doge diritto, accompagnato da molti senatori. In un’altra parte fece prima quando l’imperatore Barbarossa riceve benignamente i legati viniziani, e di poi quando tutto sdegnato si prepara alla guerra, dove sono bellissime prospettive et infiniti ritratti di naturale, condotti con bonissima grazia et in gran numero di figure. Nell’altra che seguita, dipinse il papa che conforta il doge et i signori veneziani ad armare a comune spesa trenta galee, per andare a combattere con Federigo Barbarossa. Stassi questo papa in una sedia pontificale in roccetto et ha il doge accanto, e molti senatori abbasso. Et anco in questa parte ritrasse Gentile, ma in altra maniera, la piazza e la facciata di S. Marco, et il mare con tanta moltitudine d’uomini, che è proprio una maraviglia. Si vede poi in un’altra parte il medesimo papa ritto, et in pontificale dare la benedizione al doge che armato e con molti soldati dietro, pare che vada all’impresa. Dietro a esso doge si vede in lunga processione infiniti gentiluomini, e nella medesima parte tirato in prospettiva il palazzo e S. Marco; e questa è delle buone opere che si veggiano di mano di Gentile, se bene pare che in quell’altra, dove si rappresenta una battaglia navale, sia più invenzione, per esservi un numero infinito di galee che combattono et una quantità d’uomini incredibile, et insomma per vedervisi che mostrò di non intendere meno le guerre marittime, che le cose della pittura. E certo l’aver fatto Gentile in questa opera numero di galee nella battaglia intrigate, soldati che combattono, barche in prospettiva diminuite con ragione, bella ordinanza nel combatterete, il furore, la forza, la difesa, il ferire de’ soldati, diverse maniere di morire, il fendere dell’acqua che fanno le galee, la confusione dell’onde, e tutte le sorti d’armamenti marittimi; e certo dico non mostra l’aver fatto tanta diversità di cose, se non il grande animo di Gentile, l’artifizio, l’invenzione et il giudizio, essendo ciascuna cosa da per sè benissimo fatta, e parimente tutto il composto insieme. In un’altra storia fece il papa che riceve, accarezzandolo, il doge che torna con la desiderata vittoria, donandogli un anello d’oro per isposare il mare, sì come hanno fatto e fanno ancora ogn’anno i sucessori suoi, in segno del vero e perpetuo dominio che di esso hanno meritamente; et in questa parte Ottone, figliuolo di Federigo Barbarossa, ritratto di naturale in ginocchioni inanzi al papa, e come dietro al doge sono molti soldati armati, così dietro al papa sono molti cardinali e gentiluomini. Appariscono in questa storia solamente le poppe delle galee, e sopra la capitana è una vettoria finta d’oro a sedere, con una corona in testa et uno scettro in mano. Dell’altre parti della sala furono allogate le storie che vi andavano, a Giovanni