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438 SECONDA PARTE

Donna. A’ monaci di Cestello fece la tavola dell’altar maggiore et in una cappella della medesima chiesa un’altra; e similmente quella che è in una chiesetta sopra il Bernardino accanto all’entrata di Cestello. Dipinse il segno ai fanciulli della Compagnia del detto Bernardino, e parimente quello della Compagnia di S. Giorgio, nel quale è una Annunziata. Alle sopra dette monache di S. Ambruogio fece la cappella del miracolo del Sagramento, la quale opera è assai buona e delle sue che sono in Fiorenza è tenuta la migliore; nella quale fece una processione finta in sulla piazza di detta chiesa, dove il vescovo porta il tabernacolo del detto miracolo, accompagnato dal clero e da una infinità di cittadini e donne con abiti di que’ tempi. Di naturale, oltre a molti altri, vi è ritratto il Pico della Mirandola, tanto eccellentemente che pare non ritratto, ma vivo. In Lucca fece nella chiesa di S. Martino, entrando in quella per la porta minore della facciata principale a man ritta, quando Nicodemo fabrica la statua di S. Croce, e poi quando in una barca è per terra condotta per mare verso Lucca. Nella qual opera sono molti ritratti e specialmente quello di Paulo Guinigi, il quale cavò da uno di terra fatto da Iacopo della Fonte, quando fece la sepoltura della moglie. In San Marco di Firenze alla cappella de’ tessitori di drappo fece, in una tavola, nel mezzo S. Croce, e dagli lati S. Marco, S. Giovanni Evangelista, S. Antonino arcivescovo di Firenze et altre figure. Chiamato poi con gl’altri pittori all’opera che fece Sisto Quarto pontefice, nella cappella del palazzo, in compagnia di Sandro Botticello, di Domenico Ghirlandaio, dell’abbate di S. Clemente, di Luca da Cortona e di Piero Perugino, vi dipinse di sua mano tre storie, nelle quali fece la sommersione di faraone nel mar Rosso, la predica di Cristo ai popoli lungo il mare di Tiberiade e l’ultima cena degl’Apostoli col Salvatore, nella quale fece una tavola a otto facce tirate in prospettiva, e sopra quella, in otto facce simili, il palco che gira in otto angoli, dove molto bene scortando, mostrò d’intendere quanto gl’altri quest’arte. Dicesi che il papa aveva ordinato un premio, il quale si aveva a dar a chi meglio in quelle pitture avesse, a giudizio d’esso pontefice, operato. Finite dunque le storie, andò Sua Santità a vederle quando ciascuno de’ pittori si era ingegnato di far sì che meritasse il detto premio e l’onore. Aveva Cosimo, sentendosi debole d’invenzione e di disegno, cercato di occultare il suo deffetto con far coperta all’opera di finissimi azzurri oltramarini e d’altri vivaci colori, e con molto oro illuminata la storia, onde nè albero, nè erba, nè panno, nè nuvolo vi era che lumeggiato non fusse, facendosi a credere che il papa, come poco di quell’arte intendente, dovesse perciò dare a lui il premio della vittoria. Venuto il giorno che si dovevano l’opere di tutti scoprire, fu veduta anco la sua, e con molte risa e motti di tutti gl’altri artefici schernita e beffata, uccellandolo tutti in cambio d’avergli compassione. Ma gli scherniti finalmente furono essi, perciò che que’ colori, sì come si era Cosimo imaginato, a un tratto così abbagliarono gl’occhi del papa che non molto s’intendeva di simili cose, ancora che se ne dilettasse assai, che giudicò Cosimo avere molto meglio di tutti gl’altri operato; e così fattogli dare il premio, comandò agl’altri che tutti coprissero le loro pitture dei migliori azzurri che si trovassero e le toccassino d’oro; acciò che fussero simili a quelle di Cosimo nel colorito e nell’essere