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442 SECONDA PARTE

alla superficie movevano con bellissimo ordine dieci giri per i dieci cieli, erano tutti pieni di lumicini rapresentanti le stelle, accommodati in lucernine di rame, con una schiodatura che sempre che la ruota girava, restavano in piombo, nella maniera che certe lanterne fanno, che oggi si usano comunemente da ognuno. Di questo cielo, che era veramente cosa bellissima, uscivano due canapi grossi tirati dal ponte o vero tramezzo che è in detta chiesa, sopra il quale si faceva la festa; ai quali erano infunate per ciascun capo d’una braca, come si dice, due piccole taglie di bronzo, che reggevano un ferro ritto nella base d’un piano, sopra il quale stavano due angeli legati nella cintola, che, ritti, venivano contrapesati da un piombo che avevano sotto i piedi et un altro che era nella basa del piano di sotto dove posavano, il quale anco gli faceva venire parimente uniti. Et il tutto era coperto da molta e ben acconcia bambagia che faceva nuvola, piena di cherubini, serafini et altri angeli così fatti di diversi colori e molto bene accomodati. Questi, allentandosi un canapetto di sopra nel cielo, venivano giù per i due maggiori in sul detto tramezzo dove si recitava la festa, et annunziato a Cristo il suo dover salir in cielo, o fatto altro uffizio, perchè il ferro dov’erano legati in cintola era fermo nel piano dove posavan i piedi, e’ si giravan intorno intorno; quando erano usciti e quando ritornavano, potevan far reverenza e voltarsi secondo che bisognava, onde nel tornar in su si voltava verso il cielo, e dopo erano per simile modo ritirati in alto. Questi ingegni dunque e queste invenzioni, si dice che furono del Cecca; perchè se bene molto prima Filippo Bruneleschi n’aveva fatto de’ così fatti, vi furono nondimeno con molto giudizio molte cose aggiunte dal Cecca. E da queste poi venne in pensiero al medesimo di fare le nuvole che andavano per la città a processione ogni anno alla vigilia di S. Giovanni; e l’altre cose che bellissime si facevano. E ciò era cura di costui per essere, come si è detto, persona che serviva il publico. Ora dunque non sarà se non bene con questa occasione dire alcune cose che in detta festa e processione si facevano, acciò ne passi ai posteri memoria, essendosi oggi per la maggior parte dismesse. Primieramente adunque la piazza di S. Giovanni si copriva tutta di tele azzurre, piene di gigli grandi fatti di tela gialla e cucitivi sopra; e nel mezzo erano, in altuni tondi pur di tela e grandi braccia dieci, l’arme del popolo e Comune di Firenze, quella de’ capitani di Parte Guelfa et altre; et intorno intorno negl’estremi del detto cielo, che tutta la piazza come grandissima sia ricopriva, pendevano drappelloni pur di tela, dipinti di varie imprese, d’armi di magistrati e d’arti, e di molti leoni, che sono una dell’insegne della città; questo cielo, o vero coperta così fatta, era alto da terra circa venti braccia, posava sopra gagliardissimi canapi attaccati a molti ferri che ancor si veggiono intorno al tempio di S. Giovanni, nella facciata di S. Maria del Fiore e nelle case che sono per tutto intorno alla detta piazza, e fra l’un canapo e l’altro erano funi che similmente sostenevano quel cielo, che per tutto era in modo armato, e particolarmente in sugl’estremi, di canapi, di funi e di soppanni e fortezze di tele doppie e canevacci, che non è possibile imaginarsi meglio; e, che è più, era in modo e con tanta diligenza accomodata ogni cosa che, ancora che molto fussero dal vento che in quel luogo può assai d’ogni tempo come sa ognuno gonfiate e mosse le