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ANDREA VERROC. 485

fatte della sua arte. Fu discepolo del medesimo Andrea, Piero Perugino e Lionardo da Vinci, de’ quali si parlerà al suo luogo, e Francesco di Simone fiorentino, che lavorò in Bologna nella chiesa di San Domenico una sepoltura di marmo, con molte figure piccole, che alla maniera paiono di mano d’Andrea; la qual fu fatta per Messer Alessandro Tartaglia imolese, dottore. Et un’altra in San Brancazio di Firenze, che risponde in sagrestia, et in una capella di chiesa, per Messer Pier Minerbetti, cavaliere. Fu suo allievo ancora Agnol di Polo, che di terra lavorò molto praticamente, et ha pieno la città di cose di sua mano, e se avesse voluto attender all’arte da senno, arebbe fatte cose bellissime. Ma più di tutti fu amato da lui Lorenzo di Credi, il quale ricondusse l’ossa di lui da Vinezia, e le ripose nella chiesa di S. Ambruogio nella sepoltura di Ser Michele di Cione, dove sopra la lapida sono intagliate queste parole:

Sep. Michaelis de Cionis et suorum;

et appresso:

Hic ossa iacent Andreae Verrochii, qui obiit Venetiis MCCC(C)LXXXVIII

Si dilettò assai Andrea di formare di gesso da far presa, cioè di quello che si fa d’una pietra dolce, la quale si cava in quel di Volterra e di Siena, et in altri molti luoghi d’Italia. La quale pietra cotta al fuoco e poi pesta e con l’acqua tiepida impastata, diviene tenera di sorte, che se ne fa quello che altri vuole, e dopo rassoda insieme et indurisce, in modo che vi si può dentro gettar figure intere. Andrea dunque usò di formare, con forme così fatte, le cose naturali per poterle con più commodità tenere inanzi et imitarle, cioè mani, piedi, ginocchia, gambe, braccia e torsi. Dopo si cominciò al tempo suo a formare le teste di coloro che morivano, con poca spesa; onde si vede in ogni casa di Firenze sopra i camini, usci, finestre e cornicioni infiniti di detti ritratti, tanto ben fatti e naturali, che paiono vivi. E da detto tempo in qua si è seguitato e seguita il detto uso, che a noi è stato di gran commodità, per avere i ritratti di molti, che si sono posti nelle storie del palazzo del duca Cosimo. E di questo si deve certo aver grandissimo obligo alla virtù d’Andrea, che fu de’ primi che cominciasse a metterlo in uso. Da questo si venne al fare imagini di più perfezzione non pure in Fiorenza, ma in tutti i luoghi dove sono divozioni e dove concorrono persone a porre voti, e, come si dice, miracoli, per avere alcuna grazia ricevuto. Perciò che, dove prima si facevano o piccoli d’argento o in tavolucce solamente, o vero di cera e goffi affatto, si cominciò al tempo d’Andrea a fargli in molto miglior maniera, perchè avendo egli stretta dimestichezza con Orsino ceraiuolo, il quale in Fiorenza aveva in quell’arte assai buon giudizio, gli incominciò a mostrare come potesse in quella farsi eccellente. Onde venuta l’occasione per la morte di Giuliano de’ Medici e per lo pericolo di Lorenzo suo fratello, stato ferito in S. Maria del Fiore, fu ordinato dagl’amici e parenti di Lorenzo, che si facesse, rendendo della sua salvezza grazie a Dio, in molti luoghi l’imagine di lui. Onde Orsino, fra l’altre, con l’aiuto et ordine d’Andrea, ne condusse tre di cera grande quanto il vivo, facendo dentro l’ossatura di legname, come altrove si è detto, et intessuta di canne spaccate, ricoperte poi di panno incerato con bellissime pieghe e tanto acconciamente, che non si può veder meglio, nè cosa più simile al naturale. Le teste,