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PIETRO PERUGINO 509

dunque e dalle persuasioni di molti altri mosso, venne Pietro in Fiorenza con animo di farsi eccellente; e bene gli venne fatto conciò sia che al suo tempo le cose della maniera sua furono tenute in pregio grandissimo. Studiò sotto la disciplina d’Andrea Verrocchio, e le prime sue figure furono fuor della porta al Prato, in S. Martino alle monache, oggi ruinato per le guerre, et in Camaldoli un S. Girolamo in muro allora molto stimato da’ Fiorentini, e con lode messo inanzi per aver fatto quel santo vecchio, magro et asciutto con gl’occhi fisso nel Crucifisso, e tanto consumato che pare una notomia, come si può vedere in uno cavato da quello, che ha il già detto Bartolomeo Gondi. Venne dunque in pochi anni in tanto credito, che de l’opere sue s’empiè non solo Fiorenza et Italia, ma la Francia, la Spagna e molti altri paesi, dove elle furono mandate. Laonde, tenute le cose sue in riputazione e pregio grandissimo, cominciarono i mercanti a fare incetta di quelle, et a mandarle fuori in diversi paesi, con molto loro utile e guadagno. Lavorò alle donne di S. Chiara, in una tavola un Cristo morto con sì vago colorito e nuovo, e che fece credere agl’artefici d’avere a essere maraviglioso et eccellente. Veggonsi in questa opera alcune bellissime teste di vecchi, e similmente certe Marie, che restate di piagnere, considerano il Morto con ammirazione et amore straordinario; oltre che vi fece un paese, che fu tenuto allora bellissimo, per non si esser ancora veduto il vero modo di fargli, come si è veduto poi. Dicesi che Francesco del Pugliese volle dare alle dette monache tre volte tanti danari, quanti elle avevano pagato a Pietro, e farne far loro una simile a quella, di mano propria del medesimo, e che elle non vollono acconsentire, perchè Pietro disse che non credeva poter quella paragonare. Erano anco fuor della porta a’ Pinti, nel convento de’ frati Gesuiti, molte cose di man di Pietro; ma perchè oggi la detta chiesa e convento sono rovinati, non voglio che mi paia fatica, con questa occasione, prima che io più oltre in questa vita proceda, dirne alcune poche cose. Questa chiesa dunque, la quale fu architettura d’Antonio di Giorgio da Settignano, era longa braccia quaranta e larga venti; a sommo, per quattro scaglioni, o vero gradi, si saliva a un piano di braccia sei, sopra il qual era l’altar maggiore con molti ornamenti di pietre intagliate, e sopra il detto altare era posta con ricco ornamento una tavola, come si è detto, di mano di Domenico Ghirlandaio. A mezzo la chiesa era un tramezzo di muro, con una porta traforata dal mezzo in su, la quale mettevano in mezzo due altari, sopra ciascuno de’ quali era, come si dirà, una tavola di mano di Pietro Perugino, e sopra la detta porta era un bellissimo Crucifisso di mano di Benedetto da Maiano, messo in mezzo da una Nostra Donna et un San Giovanni di rilievo. E dinanzi al detto piano dell’altare maggiore, appoggiandosi a detto tramezzo, era un coro di legname di noce e d’ordine dorico, molto ben lavorato: e sopra la porta principale della chiesa era un altro coro che posava sopra un legno armato, e di sotto faceva palco, o vero soffittato, con bellissimo spartimento e con un ordine di balaustri che faceva sponda al dinanzi del coro, che guardava verso l’altar maggiore. Il qual coro era molto commodo per l’ore della notte ai frati di quel convento, e per fare loro particolare orazioni, e similmente per i giorni feriali. Sopra la porta principale della chiesa, che era fatta con bellissimi ornamenti di pietra et aveva un portico