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512 SECONDA PARTE

era più quello che nell’acqua rimaneva, che quello che egli aveva messo in opera. Et il priore, che si vedeva votar il sacchetto et il lavoro non comparire, spesso spesso diceva: "O quanto oltramarino consuma questa calcina!". "Voi vedete", rispondeva Pietro. Dopo partito il priore, Pietro cavava l’oltramarino che era nel fondo della catinella; e quello, quando gli parve tempo, rendendo al priore, gli disse: "Padre, questo è vostro; imparate a fidarvi degl’uomini da bene che non ingannano mai chi si fida, ma sì bene saprebbono, quando volessino, ingannare gli sfiducciati come voi sete". Per queste dunque et altre molte opere venne in tanta fama Pietro, che fu quasi sforzato a andare a Siena, dove in S. Francesco dipinse una tavola grande che fu tenuta bellissima, et in Santo Agostino ne dipinse un’altra dentrovi un Crucifisso con alcuni Santi. E poco dopo questo, a Fiorenza nella chiesa di S. Gallo, fece una tavola di S. Girolamo in penitenzia, che oggi è in S. Iacopo tra’ fossi, dove detti frati dimorano, vicino al canto degli Alberti. Fu fattogli allogazione d’un Cristo morto con S. Giovanni e la Madonna, sopra le scale della porta del fianco di S. Pier Maggiore, e lavorollo in maniera che, sendo stato all’acqua et al vento, s’è conservato con quella freschezza come se pur ora dalla man di Pietro fosse finito. Certamente i colori furono dalla intelligenza di Pietro conosciuti, e così il fresco, come l’olio; onde obbligo gli hanno tutti i periti artefici, che per suo mezzo hanno cognizione de’ lumi che per le sue opere si veggono. In S. Croce in detta città, fece una Pietà col morto Cristo in collo, e due figure che danno maraviglia a vedere, non la bontà di quelle, ma il suo mantenersi sì viva e nuova di colori, dipinti in fresco. Gli fu allogato da Bernardino de’ Rossi, cittadin fiorentino, un S. Sebastiano per mandarlo in Francia, e furono d’accordo del prezzo in cento scudi d’oro; la quale opera fu venduta da Bernardino al re di Francia quattrocento ducati d’oro. A Valle Ombrosa dipinse una tavola per lo altar maggiore, e nella Certosa di Pavia lavorò similmente una tavola a que’ frati. Dipinse al cardinal Caraffa di Napoli nello piscopio allo altar maggiore, una assunzione di Nostra Donna e gl’Apostoli ammirati intorno al sepolcro. Et all’abbate Simone de’ Graziani al Borgo a S. Sepolcro una tavola grande, la quale fece in Fiorenza, che fu portata in S. Gilio del Borgo sulle spalle de’ facchini con spesa grandissima. Mandò a Bologna a S. Giovanni in Monte una tavola con alcune figure ritte et una Madonna in aria, per che talmente si sparse la fama di Pietro per Italia e fuori, che e’ fu da Sisto IIII pontefice, con molta sua gloria condotto a Roma a lavorare nella cappella in compagnia degli altri artefici eccellenti; dove fece la storia di Cristo quando dà le chiavi a S. Pietro, in compagnia di don Bartolomeo della Gatta abate di S. Clemente di Arezzo, e similmente la natività et il battesimo di Cristo, et il nascimento di Mosè, quando dalla figliuola di Faraone è ripescato nella cestella. E nella medesima faccia dove è l’altare, fece la tavola in muro con l’assunzione della Madonna, dove ginocchioni ritrasse papa Sisto. Ma queste opere furono mandate a terra per fare la facciata del giudicio del divin Michel Agnolo, a tempo di papa Paolo III. Lavorò una volta, in torre Borgia nel palazzo del papa, con alcune storie di Cristo e fogliami di