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PIETRO PERUGINO 515

predella della quale tavola sono tre storie, con molta diligenza lavorate, cioè i Magi, il battesimo e la Ressurezione di Cristo; la quale tutta opera si vede piena di belle fatiche, intanto ch’ell’è la migliore di quelle che sono in Perugia di man di Pietro lavorate a olio. Cominciò il medesimo un lavoro a fresco di non poca importanza a Castello della Pieve, ma non lo finì. Soleva Pietro, sì come quello che di nessuno si fidava, nell’andare e tornare dal detto castello a Perugia, portare quanti danari aveva, sempre addosso; perchè alcuni aspettandolo a un passo, lo rubarono, ma raccomandandosi egli molto, gli lasciarono la vita per Dio. E dopo, adoperando mezzi et amici, che pur n’aveva assai, riebbe anco gran parte de’ detti denari che gli erano stati tolti. Ma nondimeno fu per dolore vicino a morirsi. Fu Pietro persona di assai poca religione e non se gli potè mai far credere l’immortalità dell’anima; anzi con parole accomodate al suo cervello di porfido, ostinatissimamente ricusò ogni buona via. Aveva ogni sua speranza ne’ beni della fortuna, e per danari arebbe fatto ogni male contratto. Guadagnò molte ricchezze, et in Fiorenza murò e comprò case, et in Perugia et a Castello della Pieve acquistò molti beni stabili. Tolse per moglie una bellissima giovane e n’ebbe figliuoli; e si dilettò tanto che ella portasse leggiadre acconciature, e fuori et in casa, che si dice che egli spesse volte l’acconciava di sua mano. Finalmente venuto Pietro in vecchiezza, d’anni LXXVIII finì il corso della vita sua nel Castello della Pieve, dove fu onoratamente sepolto l’anno 1524. Fece Pietro molti maestri di quella maniera, et uno fra gl’altri che fu veramente eccellentissimo, il quale datosi tutto agl’onorati studi della pittura, passò di gran lunga il maestro: e questo fu il miracoloso Raffaello Sanzio da Urbino, il quale molti anni lavorò con Pietro in compagnia di Giovanni de’ Santi suo padre. Fu anco discepolo di costui il Pinturicchio pittor perugino il quale, come si è detto nella vita sua, tenne sempre la maniera di Pietro. Fu similmente suo discepolo Rocco Zoppo, pittor fiorentino, di mano del quale ha in un tondo una Nostra Donna molto bella, Filippo Salviati; ma è ben vero ch’ella fu finita del tutto da esso Pietro. Lavorò il medesimo Rocco molti quadri di Madonne e fece molti ritratti, de’ quali non fa bisogno ragionare. Dirò bene che ritrasse in Roma nella cappella di Sisto, Girolamo Riario e Francesco Piero cardinale di San Sisto. Fu anco discepolo di Pietro il Montevarchi, che in San Giovanni di Valdarno dipinse molte opere, e particolarmente nella Madonna l’istorie del miracolo del latte. Lasciò ancora molte opere in Montevarchi sua patria. Imparò parimente da Pietro e stette assai tempo seco, Gerino da Pistoia, del quale si è ragionato nella vita del Pinturicchio, e così anco Baccio Ubertino fiorentino, il quale fu diligentissimo così nel colorito come nel disegno, onde molto se ne servì Pietro. Di mano di costui è nel nostro libro un disegno d’un Cristo battuto alla colonna, fatto di penna, che è cosa molto vaga. Di questo Baccio fu fratello, e similmente discepolo di Pietro, Francesco che fu per sopranome detto il Bacchiacca, il quale fu diligentissimo maestro di figure piccole, come si può vedere in molte opere state da lui lavorate in Firenze, e massimamente in casa Giovanmaria Benintendi et in casa Pierfrancesco Borgherini. Dilettossi il Bacchiacca di far grottesche; onde al signor duca Cosimo fece uno studiolo