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516 SECONDA PARTE

pieno d’animali e d’erbe rare, ritratte dalle naturali, che sono tenute bellissime, oltre ciò fece i cartoni per molti panni d’arazzo, che poi furono tessuti di seta da maestro Giovanni Rosto fiammingo, per le stanze del palazzo di sua eccellenza. Fu ancora discepolo di Pietro, Giovanni Spagnuolo, detto per sopranome lo Spagna, il quale colorì meglio che nessun altro di coloro che lasciò Pietro dopo la sua morte; il quale Giovanni, dopo Pietro si sarebbe fermo in Perugia, se l’invidia dei pittori di quella città, troppo nimici de’ forestieri, non l’avessino perseguitato di sorte che gli fu forza ritirarsi in Spoleto, dove per la bontà e virtù sua, fu datogli donna di buon sangue e fatto di quella patria cittadino. Nel qual luogo fece molte opere, e similmente in tutte l’altre città dell’Umbria. Et in Ascesi dipinse la tavola della cappella di Santa Caterina nella chiesa di sotto di San Francesco, per il cardinale Egidio Spagnuolo; e parimente una in San Damiano. In Santa Maria degl’Angeli dipinse nella cappella piccola, dove morì San Francesco, alcune mezze figure, grandi quanto il naturale, cioè alcuni compagni di San Francesco et altri Santi molto vivaci, i quali mettono in mezzo un San Francesco di rilievo. Ma fra i detti discepoli di Pietro miglior maestro di tutti fu Andrea Luigi d’Ascesi, chiamato l’Ingegno, il quale nella sua prima giovanezza concorse con Raffaello da Urbino sotto la disciplina di esso Pietro, il quale l’adoperò sempre nelle più importanti pitture che facesse; come fu nell’udienza del Cambio di Perugia, dove sono di sua mano figure bellissime, in quelle che lavorò in Ascesi; e finalmente a Roma nella cappella di papa Sisto. Nelle quali tutte opere diede Andrea tal saggio di sè, che si aspettava che dovesse di gran lunga trappassare il suo maestro; e certo così sarebbe stato; ma la fortuna, che quasi sempre agl’alti principii volentieri s’oppone, non lasciò venire a perfezzione l’Ingegno; perciò che cadendogli un trabocco di scesa negl’occhi, il misero ne divenne, con infinito dolore di chiunche lo conobbe, cieco del tutto. Il qual caso dignissimo di compassione udendo, papa Sisto (come quello che amò sempre i virtuosi) ordinò che in Ascesi gli fusse ogni anno, durante la vita di esso Andrea, pagata una provisione da chi là maneggiava l’entrate. E così fu fatto insino a che egli si morì d’anni ottantasei. Furono medesimamente discepoli di Pietro, e perugini anch’eglino, Eusebio S. Giorgio, che dipinse in S. Agostino la tavola de’ Magi; Domenico di Paris, che fece molte opere in Perugia, et attorno per le castella, seguitato da Orazio suo fratello; parimente Giannicola, che in S. Francesco dipinse in una tavola Cristo nell’orto e la tavola d’Ogni Santi in S. Domenico, alla cappella de’ Baglioni, e nella cappella del Cambio istorie di S. Giovanni Battista in fresco. Benedetto Caporali, altrimenti Bitti, fu anch’egli discepolo di Piero, e di sua mano sono in Perugia sua patria molte pitture. E nella architettura s’esercitò di maniera che non solo fece molte opere, ma comentò Vitruvio in quel modo che può vedere ognuno essendo stampato; nei quali studii lo seguitò Giulio suo figliuolo, pittore perugino. Ma nessuno di tanti discepoli paragonò mai la diligenza di Pietro, nè la grazia che ebbe nel colorire in quella sua maniera, la quale tanto piacque al suo tempo, che vennero molti di Francia, di Spagna, d’Alemagna e d’altre provincie, per impararla. E dell’opere sue si fece come si è detto mercanzia da molti, che le mandarono in diversi luoghi, inanzi che venisse la maniera di Michelagnolo, la quale avendo mostro la vera e