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528 SECONDA PARTE

in mezzo un S. Cristofano di rilievo. Da Siena venuto a Firenze, così per vedere l’opere di quei maestri che allora vivevano, come quelle di molti passati, dipinse a Lorenzo de’ Medici in una tela, alcuni dei ignudi, che gli furono molto comendati; et un quadro di Nostra Donna con due Profeti piccoli di terretta, il quale è oggi a Castello, villa del duca Cosimo; e l’una e l’altra opera donò al detto Lorenzo, il quale non volle mai da niuno esser vinto in esser liberale e magnifico. Dipinse ancora un tondo di una Nostra Donna, che è nell’udienza de’ capitani di Parte Guelfa, bellissimo. A Chiusuri in quel di Siena, luogo principale de’ monaci di Monte Oliveto, dipinse in una banda del chiostro undici storie della vita e fatti di S. Benedetto. E da Cortona mandò dell’opere sue a Monte Pulciano, a Foiano la tavola dell’altar maggiore che è nella Pieve, et in altri luoghi di Valdichiana. Nella Madonna d’Orvieto, chiesa principale, finì di sua mano la cappella, che già vi aveva cominciato fra’ Giovanni da Fiesole; nella quale fece tutte le storie della fine del mondo con bizzarra e capriciosa invenzione: Angeli, demoni, rovine, terremuoti, fuochi, miracoli d’anticristo, e molte altre cose simili; oltre ciò, ignudi, scorti e molte belle figure, immaginandosi il terrore che sarà in quello estremo e tremendo giorno. Per lo che destò l’animo a tutti quelli che sono stati dopo lui, onde hanno poi trovato agevoli le difficultà di quella maniera. Onde io non mi maraviglio se l’opere di Luca furono da Michelagnolo sempre sommamente lodate, nè se in alcune cose del suo divino Giudizio, che fece nella cappella, furono da lui gentilmente tolte in parte dall’invenzioni di Luca, come sono Angeli, demoni, l’ordine de’ cieli et altre cose, nelle quali esso Michelagnolo immitò l’andar di Luca, come può vedere ognuno. Ritrasse Luca nella sopra detta opera molti amici suoi e se stesso: Niccolò, Paulo e Vitellozzo Vitelli, Giovan Paulo et Orazio Baglioni et altri, che non si sanno i nomi. In S. Maria di Loreto dipinse a fresco nella sagrestia i quattro Evangelisti, i quattro Dottori et altri Santi, che sono molto belli; e di questa opera fu da papa Sisto liberalmente rimunerato. Dicesi che essendogli stato occiso in Cortona un figliuolo che egli amava molto, bellissimo di volto e di persona, che Luca così addolorato lo fece spogliare ignudo e con grandissima constanza d’animo, senza piangere o gettar lacrima lo ritrasse, per vedere sempre che volesse, mediante l’opera delle sue mani quella che la natura gli aveva dato e tolto la nimica fortuna. Chiamato poi dal detto papa Sisto a lavorare nella cappella del palazzo, a concorrenza di tanti pittori, dipinse in quella due storie, che fra tante, son tenute le migliori: l’una è il testamento di Mosè al popolo ebreo nell’avere veduto la terra di promessione; e l’altra la morte sua. Finalmente avendo fatte opere quasi per tutti i principi d’Italia et essendo già vecchio, se ne tornò a Cortona, dove in que’ suoi ultimi anni lavorò più per piacere che per altro, come quello che avvezzo alle fatiche, non poteva, nè sapeva starsi ozioso. Fece dunque in detta sua vecchiezza una tavola alle monache di S. Margherita d’Arezzo, et una alla Compagnia di S. Girolamo, parte della quale pagò Messer Niccolò Gamurrini dottor di legge auditor di ruota: il quale in essa tavola è ritratto di naturale, in ginocchioni dinanzi alla Madonna, alla quale lo presenta uno S. Niccolò che è in detta tavola. Sonovi ancora S. Donato e S. Stefano, e più abbasso un S. Girolamo ignudo, et un Davit