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corona, e di sotto intorno al sepolcro sono i dodici Apostoli che contemplano la gloria celeste. Et a’ piè della tavola in una predella di figure piccole, spartite in tre storie, è la Nostra Donna annunziata dall’Angelo; quando i Magi adorano Cristo e quando nel tempio è in braccio a Simeone, la quale opera certo è fatta con estrema diligenza e chi non avesse in pratica la maniera, crederebbe fermamente che ella fusse di mano di Pietro, là dove ell’è senza dubbio di mano di Raffaello. Dopo questa opera, tornando Pietro per alcuni suoi bisogni a Firenze, Raffaello, partitosi di Perugia, se n’andò con alcuni amici suoi a Città di Castello, dove fece una tavola in Santo Agostino, di quella maniera e similmente in S. Domenico una d’un Crucifisso, la quale, se non vi fusse il suo nome scritto, nessuno la crederebbe opera di Raffaello, ma sì bene di Pietro. In San Francesco ancora della medesima città fece in una tavoletta lo Sposalizio di Nostra Donna, nel quale espressamente si conosce l’augumento della virtù di Raffaello venire con finezza assotigliando e passando la maniera di Pietro. In questa opera è tirato un tempio in prospettiva con tanto amore che è cosa mirabile a vedere le difficultà che egli in tale esercizio andava cercando. In questo mentre, avendo egli acquistato fama grandissima nel seguito di quella maniera, era stato allogato da Pio Secondo pontefice la libreria del Duomo di Siena al Pinturicchio, il quale, essendo amico di Raffaello e conoscendolo ottimo disegnatore, lo condusse a Siena, dove Raffaello gli fece alcuni dei disegni e cartoni di quell’opera; e la cagione che egli non continuò fu che, essendo in Siena da alcuni pittori con grandissime lodi celebrato il cartone che Lionardo da Vinci aveva fatto nella sala del palazzo in Fiorenza d’un gruppo di cavalli bellissimo per farlo nella sala del palazzo e similmente alcuni nudi fatti a concorrenza di Lionardo da Michelagnolo Buonarroti molto migliori; venne in tanto desiderio Raffaello, per l’amore che portò sempre all’eccellenza dell’arte, che, messo da parte quell’opera et ogni utile e comodo suo, se ne venne a Fiorenza. Dove arrivato, perché non gli piacque meno la città, che quell’opere le quali gli parvero divine, deliberò di abitare in essa per alcun tempo; e così, fatta amicizia con alcuni giovani pittori, fra’ quali furono Ridolfo Ghirlandaio, Aristotile San Gallo et altri, fu nella città molto onorato e particolarmente da Taddeo Taddei, il quale lo volle sempre in casa sua et alla sua tavola, come quegli che amò sempre tutti gli uomini inclinati alla virtù. E Raffaello, che era la gentilezza stessa, per non esser vinto di cortesia, gli fece due quadri che tengono della maniera prima di Pietro e dell’altra che poi studiando apprese molto migliore, come si dirà. I quali quadri sono ancora in casa degli eredi del detto Taddeo. Ebbe anco Raffaello amicizia grandissima con Lorenzo Nasi, al quale avendo preso donna in que’ giorni, dipinse un quadro, nel quale fece fra le gambe alla Nostra Donna un Putto, al quale un San Giovannino tutto lieto porge un uccello con molta festa e piacere dell’uno e dell’altro; e nell’attitudine d’ambi due una certa simplicità puerile e tutta amorevole, oltre che sono tanto ben coloriti e con tanta diligenza condotti che più tosto paiono di carne viva che lavorati di colori, e disegnò parimente la Nostra Donna, [che] ha un’aria veramente piena di grazia e di divinità, et insomma il piano, i paesi e tutto il resto dell’opera è bellissimo. Il quale quadro fu da Lorenzo Nasi tenuto con grandissima venerazione