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del papa, et in Borgo a più case e particularmente al palazzo di Messer Giovan Batista dall’Aquila, il quale fu cosa bellissima. Ne disegnò ancora uno al vescovo di Troia, il quale lo fece fare in Fiorenza nella via di San Gallo. Fece a’ monaci neri di San Sisto in Piacenza la tavola dello altar maggiore dentrovi la Nostra Donna con San Sisto e Santa Barbara, cosa veramente rarissima e singulare. Fece per in Francia molti quadri e particularmente per il re San Michele che combatte col diavolo, tenuto cosa maravigliosa. Nella quale opera fece un sasso arsiccio per il centro della terra che fra le fessure di quello usciva fuori con alcuna fiamma di fuoco e di zolfo; et in Lucifero incotto et arso nelle membra con incarnazione di diverse tinte si scorgeva tutte le sorti della collera che la superbia invelenita e gonfia adopera contra chi opprime la grandezza di chi è privo di regno dove sia pace, e certo di avere a provare continovamente pena. Il contrario si scorge nel San Michele, che ancora che e’ sia fatto con aria celeste, accompagnato dalle armi di ferro e di oro, ha nondimeno bravura e forza e terrore, avendo già fatto cader Lucifero, e quello con una zagaglia gettato rovescio; insomma fu sì fatta questa opera che meritò averne da quel re onoratissimo premio. Ritrasse Beatrice Ferrarese et altre donne e particularmente quella sua et altre infinite. Fu Raffaello persona molto amorosa et affezzionata alle donne, e di continuo presto ai servigi loro. La qual cosa fu cagione che, continuando i diletti carnali, egli fu dagl’amici, forse più che non conveniva, rispettato e compiaciuto. Onde facendogli Agostin Ghigi, amico suo caro, dipignere nel palazzo suo la prima loggia, Raffaello non poteva molto attendere a lavorare per lo amore che portava ad una sua donna; per il che Agostino si disperava di sorte, che per via d’altri e da sé, e di mezzi ancora, operò sì che appena ottenne che questa sua donna venne a stare con esso in casa continuamente, in quella parte dove Raffaello lavorava, il che fu cagione che il lavoro venisse a fine. Fece in questa opera tutti i cartoni e molte figure colorì di sua mano in fresco. E nella volta fece il concilio degli dèi in cielo; dove si veggono nelle loro forme molti abiti e lineamenti cavati dall’antico, con bellissima grazia e disegno espressi; e così fece le nozze di Psiche con ministri che servon Giove, e le Grazie che spargono i fiori per la tavola; e ne’ peducci della volta fece molte storie, fra le quali in una è Mercurio col flauto che volando par che scenda dal cielo, et in un’altra è Giove con gravità celeste che bacia Ganimede; e così di sotto nell’altra il carro di Venere e le Grazie che con Mercurio tirano al ciel Psiche e molte altre storie poetiche negli altri peducci. E negli spicchi della volta, sopra gl’archi fra peduccio e peduccio, sono molti putti che scortano, bellissimi, i quali volando portano tutti gli strumenti degli dèi: di Giove il fulmine e le saette, di Marte gli elmi, le spade e le targhe, di Vulcano i martelli, di Ercole la clava e la pelle del lione, di Mercurio il caduceo, di Pan la sampogna, di Vertunno i rastri della agricoltura. E tutti hanno animali appropriati alla natura loro: pittura e poesia veramente bellissima. Fecevi fare da Giovanni da Udine un ricinto alle storie d’ogni sorte fiori, foglie e frutte in festoni che non possono esser più belli. Fece l’ordine delle architetture delle stalle de’ Ghigi e nella chiesa di Santa Maria del Popolo l’ordine della cappella di Agostino sopra detto. Nella quale,