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oltre che la dipinse, diede ordine che si facesse una maravigliosa sepoltura; et a Lorenzetto scultor fiorentino fece lavorar due figure, che sono ancora in casa sua al Macello de’ Corbi in Roma. Ma la morte di Raffaello e poi quella di Agostino fu cagione che tal cosa si desse a Sebastian Viniziano. Era Raffaello in tanta grandezza venuto che Leon X ordinò che egli cominciasse la sala grande di sopra, dove sono le vittorie di Gostantino, alla quale egli diede principio. Similmente venne volontà al Papa di far panni d’arazzi ricchissimi d’oro e di seta in filaticci; per che Raffaello fece in propria forma e grandezza di tutti di sua mano i cartoni coloriti, i quali furono mandati in Fiandra a tessersi, e finiti i panni vennero a Roma. La quale opera fu tanto miracolosamente condotta che reca maraviglia il vederla et il pensare come sia possibile avere sfilato i capegli e le barbe e dato col filo morbidezza alle carni; opera certo più tosto di miracolo che d’artificio umano, perché in essi sono acque, animali, casamenti e talmente ben fatti che non tessuti, ma paiono veramente fatti col pennello. Costò questa opra 70 mila scudi e si conserva ancora nella cappella papale. Fece al cardinale Colonna un San Giovanni in tela, il quale, portandogli per la bellezza sua grandissimo amore e trovandosi da una infirmità percosso, gli fu domandato in dono da Messer Iacopo da Carpi medico che lo guarì e, per averne egli voglia, a sé medesimo lo tolse parendogli aver seco obligo infinito et ora si ritrova in Fiorenza nelle mani di Francesco Benintendi. Dipinse a Giulio cardinale de’ Medici e vice cancelliere una tavola della Trasfigurazione di Cristo per mandare in Francia, la quale egli di sua mano, continuamente lavorando, ridusse ad ultima perfezzione. Nella quale storia figurò Cristo trasfigurato nel Monte Tabor et appié di quello gli undici Discepoli che lo aspettano; dove si vede condotto un giovanetto spiritato acciò che Cristo sceso del monte lo liberi, il quale giovanetto mentre che con attitudine scontorta si prostende gridando e stralunando gli occhi, mostra il suo patire dentro nella carne, nelle vene e ne’ polsi contaminati dalla malignità dello spirto e con pallida incarnazione fa quel gesto forzato e pauroso. Questa figura sostiene un vecchio che, abbracciatola e preso animo, fatto gli occhi tondi con la luce in mezzo, mostra con lo alzare le ciglia et increspar la fronte, in un tempo medesimo e forza e paura. Pure mirando gli Apostoli fiso pare che sperando in loro faccia animo a se stesso. Èvvi una femina fra molte, la quale è principale figura di quella tavola, che inginocchiata dinanzi a quegli, voltando la testa loro e coll’atto delle braccia verso lo spiritato, mostra la miseria di colui. Oltra che gli Apostoli chi ritto e chi a sedere et altri ginocchioni mostrano avere grandissima compassione di tanta disgrazia. E nel vero egli vi fece figure e teste, oltra la bellezza straordinaria, tanto nuove, varie e belle che si fa giudizio commune degli artefici che questa opera, fra tante quant’egli ne fece, sia la più celebrata, la più bella e la più divina. Avvenga che chi vuol conoscere [e] mostrare [in] pittura Cristo trasfigurato alla divinità lo guardi in questa opera, nella quale egli lo fece sopra a questo monte diminuito in una aria lucida con Mosè et Elia, che alluminati da una chiarezza di splendore si fanno vivi nel lume suo; sono in terra prostrati Pietro, Iacopo e Giovanni, in varie e belle attitudini: chi ha a terra