Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/152

Da Wikisource.

fu mandato con molta fretta Silvio a formarne la testa, perché poi ne facesse una di marmo, sì come n’aveva condotto una di cera bellissima. E perché abitò Silvio qualche tempo con tutta la famiglia in Pisa, essendo della Compagnia della Misericordia, che in quella città accompagna i condannati alla morte insino al luogo della iustizia, gli venne una volta capriccio, essendo sagrestano, della più strana cosa del mondo. Trasse una notte il corpo d’uno, che era stato impiccato il giorno inanzi, della sepoltura, e dopo averne fatto notomia per conto dell’arte, come capriccioso e forse maliastro e persona che prestava fede agl’incanti e simili sciocchezze, lo scorticò tutto, et acconciata la pelle, secondo che gl’era stato insegnato, se ne fece, pensando che avesse qualche gran virtù, un coietto, e quello portò per alcun tempo sopra la camicia, senza che nessuno lo sapesse già mai. Ma essendone una volta sgridato da un buon padre, a cui confessò la cosa, si trasse costui di dosso il coietto e, secondo che dal frate gli fu imposto, lo ripose in una sepoltura. Molte altre simili cose si potrebbono raccontare di costui, ma non facendo al proposito della nostra storia si passono con silenzio. Essendogli morta la prima moglie in Pisa, se n’andò a Carrara e qui standosi a lavorare alcune cose, prese un’altra donna, colla quale non molto dopo se n’andò a Genoa, dove, stando a’ servigii del Principe Doria, fece di marmo sopra la porta del suo palazzo un’arme bellissima e per tutto il palazzo molti ornamenti di stucchi, secondo che da Perino del Vaga pittore gli erano ordinati; fecevi anco un bellissimo ritratto di marmo di Carlo V imperatore. Ma perché Silvio per suo natural costume non dimorava mai lungo tempo in un luogo, né aveva fermezza, increscendogli lo stare troppo bene in Genova, si mise in cammino per andare in Francia, ma partitosi prima che fusse al Monsanese tornò indietro e, fermatosi in Milano, lavorò nel Duomo alcune storie e figure e molti ornamenti con sua molta lode. E finalmente vi si morì d’età d’anni quarantacinque. Fu costui di bello ingegno, capriccioso e molto destro in ogni cosa e persona che seppe condurre con molta diligenza qualunche cosa si metteva fra mano; si dilettò di comporre sonetti e di cantare all’improvviso, e nella sua prima giovanezza attese all’armi. Ma se egli avesse fermo il pensiero alla scultura et al disegno, non arebbe avuto pari; e come passò Andrea Ferruzzi suo maestro, così arebbe ancora, vivendo, passato molti altri ch’hanno avuto nome d’eccellenti maestri. Fiorì ne’ medesimi tempi d’Andrea e di Silvio un altro scultore fiesolano, detto il Cicilia, il quale fu persona molto pratica; vedesi di sua mano nella chiesa di San Iacopo in campo Corbolini di Fiorenza la sepoltura di Messer Luigi Tornabuoni cavaliere, la quale è molto lodata e massimamente per avere egli fatto lo scudo dell’arme di quel cavaliere nella testa d’un cavallo, quasi per mostrare, secondo gl’antichi, che dalla testa del cavallo fu primieramente tolta la forma degli scudi. Ne’ medesimi tempi ancora Antonio da Carrara, scultore rarissimo, fece in Palermo al Duca di Monte Lione, di casa Pignatella napoletano e viceré di Cicilia, tre statue, cioè tre Nostre Donne in diversi atti e maniere, le quali furono poste sopra tre altari nel Duomo di Monte Lione in Calabria. Fece al medesimo alcune storie di marmo che sono in Palermo. Di costui rimase un figliuolo, che è oggi scultore, anch’egli, e non meno eccellente che si fusse il padre.