Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/154

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figurò le nove Muse con Apollo in mezzo e sopra alcuni leoni, impresa del papa, i quali sono tenuti bellissimi. Aveva Vincenzio la sua maniera diligentissima, morbida nel colorito e le figure sue erano molto grate nell’aspetto, et insomma egli si sforzò sempre d’imitare la maniera di Raffaello da Urbino; il che si vede anco nel medesimo Borgo dirimpetto al palazzo del cardinale d’Ancona in una facciata della casa che fabricò Messer Giovanantonio Battiferro da Urbino, il quale, per la stretta amicizia che ebbe con Raffaello, ebbe da lui il disegno di quella facciata, et in corte per mezzo di lui molti benefici e grosse entrate. Fece dunque Raffaello in questo disegno, che poi fu messo in opera da Vincenzio, alludendo al casato de’ Battiferri, i Ciclopi che battono i fulmini a Giove; et in un’altra parte Vulcano che fabrica le saette a Cupido, con alcuni ignudi bellissimi et altre storie e statue bellissime. Fece il medesimo Vincenzo, in su la piazza di San Luigi de’ Franzesi in Roma, in una facciata, moltissime storie: la morte di Cesare et un trionfo della Giustizia, et in un fregio una battaglia di cavalli fieramente e con molta diligenza condotti. Et in questa opera, vicino al tetto fra le finestre, fece alcune virtù molto ben lavorate. Similmente nella facciata degl’Epifanii dietro alla curia di Pompeo, e vicino a Campo di Fiore fece i Magi che seguono la stella et infiniti altri lavori per quella città, la cui aria e sito par che sia in gran parte cagione che gl’animi operino cose maravigliose. E l’esperienza fa conoscere che molte volte uno stesso uomo non ha la medesima maniera, né fa le cose della medesima bontà in tutti i luoghi, ma migliori e peggiori secondo la qualità del luogo. Essendo Vincenzio in bonissimo credito in Roma, seguì l’anno MDXXVII la rovina et il sacco di quella misera città, stata signora delle genti. Perché egli oltre modo dolente se ne tornò alla sua patria, San Gimignano. Là dove fra i disagi patiti e l’amore venutogli, meno delle cose dell’arti, essendo fuor dell’aria che i begli ingegni alimentando fa loro operare cose rarissime, fece alcune cose, le quali io mi tacerò per non coprire con queste la lode et il gran nome che s’aveva in Roma onorevolmente acquistato. Basta, che si vede espressamente che le violenze deviano forte i pellegrini ingegni da quel primo obietto e le fanno torcere la strada in contrario; il che si vede anco in un compagno di costui chiamato Schizzone, il quale fece in Borgo alcune cose molto lodate, e così in Camposanto di Roma et in Santo Stefano degl’Indiani. E poi anch’egli dalla poca discrezione de’ soldati fu fatto deviare dall’arte et indi a poco perdere la vita. Morì Vincenzio in San Gimignano sua patria, essendo vissuto sempre poco lieto, dopo la sua partita di Roma. Timoteo pittore da Urbino nacque di Bartolomeo della Vite, cittadino d’onesta condizione, e di Calliope, figliuola di maestro Antonio Alberto da Ferrara, assai buon pittore del tempo suo, secondo che le sue opere in Urbino et altrove ne dimostrano. Ma essendo ancor fanciullo Timoteo, mortogli il padre, rimase al governo della madre Calliope con buono e felice augurio, per essere Calliope una delle nove Muse e per la conformità che hanno in fra di loro la pittura e la poesia. Poi, dunque, che fu il fanciullo allevato dalla prudente madre costumatamente, e da lei incaminato nei studi delle prime arti e del disegno parimente, venne apunto il giovane in cognizione