Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/205

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e nel già detto cortile dello Scalzo, due altre storie; in una delle quali figurò Zacheria che sacrifica et ammutolisce nell’apparirgli l’Angelo; nell’altra è la Visitazione di Nostra Donna, bella a maraviglia. Federigo Secondo duca di Mantoa, nel passare per Fiorenza, quando andò a far reverenza a Clemente Settimo, vide sopra una porta, in casa Medici, quel ritratto di papa Leone in mezzo al cardinale Giulio de’ Medici et al cardinale de’ Rossi, che già fece l’eccellentissimo Raffaello da Urbino; per che, piacendogli straordinariamente, pensò, come quello che si dilettava di così fatte pitture eccellenti, farlo suo. E così quando gli parve tempo, essendo in Roma, lo chiese in dono a papa Clemente, che gliene fece grazia cortesemente; onde fu ordinato in Fiorenza a Ottaviano de’ Medici, sotto la cui cura e governo erano Ippolito et Alessandro, che incassatolo, lo facesse portare a Mantoa. La qual cosa dispiacendo molto al Magnifico Ottaviano, che non arebbe voluto privar Fiorenza d’una sì fatta pittura, si maravigliò che il Papa l’avesse corsa così a un tratto, pure rispose che non mancherebbe di servire il Duca, ma che essendo l’ornamento cattivo ne faceva fare un nuovo, il quale come fusse messo d’oro manderebbe sicurissimamente il quadro a Mantoa; e ciò fatto, Messer Ottaviano, per salvare, come si dice, la capra et i cavoli, mandò segretamente per Andrea e gli disse come il fatto stava, e che a ciò non era altro rimedio che contrafare quello con ogni diligenza; e mandandone un simile al Duca, ritenere, ma nascosamente, quello di mano di Raffaello. Avendo dunque promesso Andrea di fare quanto sapeva e poteva, fatto fare un quadro simile di grandezza et in tutte le parti, lo lavorò in casa di Messer Ottaviano segretamente. E vi si affaticò di maniera che esso Messer Ottaviano, intendentissimo delle cose dell’arti, quando fu finito non conosceva l’uno dall’altro, né il proprio e vero dal simile, avendo massimamente Andrea contrafatto insino alle macchie del sucido, come era il vero apunto. E così, nascosto che ebbero quello di Raffaello, mandarono quello di mano d’Andrea in un ornamento simile a Mantoa. Di che il Duca restò soddisfattissimo, avendoglielo massimamente lodato, senza essersi avveduto della cosa, Giulio Romano pittore e discepolo di Raffaello. Il quale Giulio si sarebbe stato sempre in quella openione e l’arebbe creduto di mano di Raffaello. Ma capitando a Mantoa Giorgio Vasari, il quale, essendo fanciullo e creatura di Messer Ottaviano, aveva veduto Andrea lavorare quel quadro, scoperse la cosa. Per che, facendo il detto Giulio molte carezze al Vasaro e mostrandogli, dopo molte anticaglie e pitture, quel quadro di Raffaello come la miglior cosa che vi fusse, disse Giorgio: "L’opera è bellissima, ma non è altrimenti di mano di Raffaello". "Come no?", disse Giulio, "non lo so io, che riconosco i colpi che vi lavorai su?". "Voi ve gli sete dimenticati", soggiunse Giorgio, "perché questo è di mano d’Andrea del Sarto; e per segno di ciò, eccovi un segno (e glielo mostrò) che fu fatto in Fiorenza, perché quando erano insieme si scambiavano." Ciò udito fece rivoltar Giulio il quadro, e visto il contrasegno, si strinse nelle spalle, dicendo queste parole: "Io non lo stimo meno che s’ella fusse di mano di Raffaello, anzi molto più, perché è cosa fuor di natura che un uomo eccellente imiti sì bene la maniera d’un altro e la faccia così simile". Basta, che si conosce che così valse la virtù d’Andrea accompagnata, come sola. E così fu col giudizio e consiglio di Messer Ottaviano sodisfatto al Duca e non privata