Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/242

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l’acqua nel crivello, e quando Claudia tira la nave con la cintura. E così lo sbaraglio che fa Camillo, mentre che Brenno pesa l’oro. E nella altra facciata doppo il cantone, Romolo et il fratello alle poppe della lupa, e la terribilissima pugna d’Orazio, che mentre solo fra mille spade difende la bocca del ponte, ha dietro a sé molte figure bellissime, che in diverse attitudini con grandissima sollecitudine, co’ picconi tagliano il ponte. Èvvi ancora Muzio Scevola, che nel cospetto di Porsena abbrucia la sua stessa mano che aveva errato nell’uccidere il ministro in cambio del re; dove si conosce il disprezzo del re et il desiderio della vendetta. E dentro in quella casa fecero molti paesi. Lavorarono la facciata di S. Pietro in Vincola e le storie di S. Pietro in quella con alcuni profeti grandi. E fu tanto nota per tutto la fama di questi maestri, per l’abbondanza del lavoro, che furono cagione le publiche pitture da loro con tanta bellezza lavorate, che meritarono lode grandissima in vita, et infinita et eterna, per l’imitazione, l’hanno avuta dopo la morte. Fecero ancora su la piazza, dove è il palazzo de’ Medici, dietro a Naona, una faccia coi trionfi di Paulo Emilio, et infinite altre storie romane. Et a S. Salvestro di Monte Cavallo, per fra Mariano, per casa e per il giardino alcune cosette; et in chiesa li dipinsero la sua cappella e due storie colorite di S. Maria Maddalena, nelle quali sono i macchiati de’ paesi fatti con somma grazia e discrezione, perché Polidoro veramente lavorò i paesi e macchie d’alberi e sassi, meglio d’ogni pittore. Et egli nell’arte è stato cagione di quella facilità, che oggi usano gl’artefici nelle cose loro. Fecero ancora molte camere e fregi per molte case di Roma, coi colori a fresco et a tempera lavorati, le quali opere erano da essi esercitate per pruova, perché mai a’ colori non poterono dare quella bellezza, che di continuo diedero alle cose di chiaro e scuro, o in bronzo, o in terretta, come si vede ancora nella casa che era del cardinale di Volterra da Torre Sanguigna. Nella faccia della quale fecero un ornamento di chiaro scuro bellissimo, e dentro alcune figure colorite, le quali son tanto mal lavorate e condotte, che hanno deviato dal primo essere il disegno buono ch’eglino avevano. E ciò tanto parve più strano per esservi appresso un’arme di papa Leone, di ignudi, di mano di Giovan Francesco Vetraio, il quale se la morte non avesse tolto di mezzo arebbe fatto cose grandissime. E non isgannati per questo della folle credenza loro, fecero ancora in S. Agostino di Roma, all’altare de’ Martelli, certi fanciulli coloriti, dove Giacopo Sansovino per fine dell’opera, fece una Nostra Donna di marmo; i quali fanciulli non paiono di mano di persone illustri, ma d’idioti che comincino allora a imparare. Per il che nella banda dove la tovaglia cuopre l’altare, fece Polidoro una storietta d’un Cristo morto con le Marie, ch’è cosa bellissima, mostrando nel vero essere più quella la professione loro che i colori. Onde, ritornati al sotto loro, fecero in Campo Marzio due facciate bellissime: nell’una le storie di Anco Marzio, e nell’altra le feste de’ Saturnali celebrati in tal luogo, con tutte le bighe e quadrighe de’ cavalli ch’agli obelischi aggirano intorno, che sono tenute bellissime per esser elleno talmente condotte di disegno e bella maniera, che espressissimamente rappresentano quegli stessi spettacoli per i quali elle sono dipinte. Sul canto della Chiavica, per andare a Corte Savella, fecero una facciata la quale è cosa divina, e delle belle che facessero,