Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/257

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maniera. A tempera dipinse nella Misericordia fuor di Bologna in una tavoletta la Nostra Donna et alcuni Santi, e per tutta la città molti quadri et altre opere, che sono in mano di diversi. E nel vero fu costui nella bontà della vita e nell’opere più che ragionevole, et ebbe miglior disegno et invenzione che gl’altri, come si può vedere nel nostro libro in un disegno, nel quale è Gesù Cristo fanciullo che disputa con i Dottori nel tempio, con un casamento molto ben fatto e con giudizio. Finalmente finì costui la vita d’anni cinquantotto, essendo sempre stato molto invidiato da Amico Bolognese, uomo capriccioso e di bizzarro cervello: come sono anco pazze, per dir così, e capricciose, le figure da lui fatte per tutta Italia e particolarmente in Bologna, dove dimorò il più del tempo. E nel vero, se le molte fatiche che fece et i disegni, fussero state durate per buona via e non a caso, egli averebbe per aventura passato molti, che tenghiamo rari e valent’uomini. Ma può tanto, dall’altro lato, il fare assai, che è impossibile non ritrovarne infra molte alcuna buona e lodevole opera, come è fra le infinite che fece costui una facciata di chiaro scuro in sulla piazza de’ Marsigli, nella quale sono molti quadri di storie, et un fregio d’animali che combattono insieme, molto fiero e ben fatto, e quasi delle migliori cose che dipignesse mai. Un’altra facciata dipinse alla porta di San Mammolo, et a San Salvadore un fregio intorno alla capella maggiore, tanto stravagante e pieno di pazzie, che farebbe ridere chi ha più voglia di piagnere. Insomma non è chiesa, né strada in Bologna, che non abbia qualche imbratto di mano di costui. In Roma ancora dipinse assai; et a Lucca in San Friano una capella con strane e bizzarre fantasie, e con alcune cose degne di lode come sono le storie della Croce et alcune di Santo Agostino, nelle quali sono infiniti ritratti di persone segnalate in quella città. E per vero dire questa fu delle migliori opere, che maestro Amico facesse mai a fresco, di colori. Et anco in San Iacopo di Bologna, all’altare di San Nicola, alcune storie di quel Santo, et un fregio da basso con prospettive, che meritan di esser lodate. Quando Carlo Quinto imperador andò a Bologna, fece Amico alla porta del palazzo un arco trionfale, nel quale fece Alfonso Lombardi le statue di rilievo. Né è maraviglia che quella d’Amico fusse più pratica che altro, perché si dice che, come persona astratta che egli era e fuor di squadra dall’altre, andò per tutta Italia disegnando e ritraendo ogni cosa di pittura e di rilievo, e così le buone come le cattive; il che fu cagione, che egli diventò un praticaccio inventore. E quando poteva aver cose da servirsene vi metteva su volentieri le mani; e poi, perché altri non se ne servissi, le guastava. Le quali fatiche furono cagione, che egli fece quella maniera così pazza e strana. Costui venuto finalmente in vecchiezza di settanta anni, fra per l’arte e la stranezza della vita, bestialissimamente impazzò; onde Messer Francesco Guicciardino, nobilissimo fiorentino e veracissimo scrittore delle storie de’ tempi suoi, il quale era allora governatore di Bologna, ne pigliava non piccolo piacere insieme con tutta la città. Nondimeno credono alcuni, che questa sua pazzia fusse mescolata di tristizia, perché avendo venduto per piccol prezzo alcuni beni mentre era pazzo et in estremo bisogno, gli rivolle, essendo tornato in cervello, e gli riebbe con certe condizioni, per avergli venduto, diceva egli, "quando ero pazzo"; tuttavia, perché può anco essere altrimenti, non affermo che fusse così, ma ben dico che così