Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/258

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ho molte volte udito raccontare. Attese costui anco alla scultura, e come seppe il meglio fece di marmo in San Petronio, entrando in chiesa a man ritta, un Cristo morto e Nicodemo, che lo tiene, della maniera che sono le sue pitture. Dipigneva Amico con amendue le mani a un tratto, tenendo in una il pennello del chiaro e nell’altra quello dello scuro; ma quello che era più bello e da ridere si è che, stando cinto, aveva intorno intorno piena la coreggia di pignatti pieni di colori temperati, di modo che pareva il diavolo di San Macario con quelle sue tante ampolle. E quando lavorava con gl’occhiali al naso arebbe fatto ridere i sassi, e massimamente se si metteva a cicalare, perché chiacchierando per venti, e dicendo le più strane cose del mondo, era uno spasso il fatto suo. Vero è che non usò mai di dir bene di persona alcuna, per virtuosa o buona ch’ella fusse, o per bontà che vedesse in lei di natura o di fortuna. E come si è detto fu tanto vago di gracchiare e dir novelle, che avendo una sera un pittor bolognese in sull’Ave Maria compero cavoli in piazza, si scontrò in Amico, il quale con sue novelle, non si potendo il povero uomo spiccare da lui, lo tenne sotto la loggia del podestà a ragionamento con sì fatte piacevoli novelle tanto che, condottisi fin presso a giorno, disse Amico all’altro pittore: "Or va, cuoci il cavolo, che l’ora passa". Fece altre infinite burle e pazzie, delle quali non farò menzione, per essere oggimai tempo che si dica alcuna cosa di Girolamo da Cotignuola, il quale fece in Bologna molti quadri e ritratti di naturale, ma fra gl’altri, due che sono molto belli, in casa de’ Vinacci. Ritrasse dal morto monsignor de Fois, che morì nella rotta di Ravenna, e non molto dopo fece il ritratto di Massimiliano Sforza. Fece una tavola in San Giuseppe, che gli fu molto lodata; et a San Michele in Bosco la tavola a olio che è alla cappella di San Benedetto, la quale fu cagione che con Biagio Bolognese egli facesse tutte le storie che sono intorno alla chiesa, a fresco imposte et a secco lavorate; nelle quali si vede pratica assai, come nel ragionare della maniera di Biagio si è detto. Dipinse il medesimo Girolamo in Santa Colomba di Rimini, a concorrenza di Benedetto da Ferrara e di Lattanzio, un’ancona, nella quale fece una Santa Lucia più tosto lasciva, che bella; e nella tribuna maggiore una coronazione di Nostra Donna con i dodici Apostoli e quattro Evangelisti, con teste tanto grosse e contrafatte, che è una vergogna vederle. Tornato poi a Bologna, non vi dimorò molto che andò a Roma, dove ritrasse di naturale molti signori, e particolarmente papa Paulo Terzo. Ma vedendo che quel paese non faceva per lui, e che male poteva acquistare onore, utile, o nome fra tanti pittori nobilissimi, se n’andò a Napoli, dove trovati alcuni amici suoi che lo favorirono, e particolarmente Messer Tommaso Cambi mercatante fiorentino, delle antiquità de’ marmi antichi e delle pitture molto amatore, fu da lui accomodato di tutto quello che ebbe di bisogno. Perché messosi a lavorare, fece in Monte Oliveto la tavola de’ Magi a olio, nella capella di un Messer Antonello vescovo di non so che luogo; et in Santo Aniello in un’altra tavola a olio la Nostra Donna, San Paulo e San Giovambatista; et a molti signori, ritratti di naturale. E perché vivendo con miseria, cercava di avanzare, essendo già bene in là con gl’anni, dopo non molto tempo, non avendo quasi più che fare in Napoli, se ne tornò a Roma. Per che avendo alcuni amici suoi inteso che aveva avanzato qualche scudo, gli persuasero che