Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/278

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pittura, che è vaga per colorito, ingegnosa per invenzione e graziosa per quella sua maniera che è stata et è dagl’artefici e da chi si diletta dell’arte imitata et osservata molto, è oggi nello studio del signor Marcantonio Cavalca, erede del cavalier Baiardo, con molti disegni che ha raccolti, di mano del medesimo, bellissimi e ben finiti d’ogni sorte, sì come sono ancora quelli che pur di mano di Francesco sono nel nostro libro in molte carte, e particolarmente quello della decollazione di San Piero e San Paulo che, come si è detto, mandò poi fuori in stampe di legno e di rame stando in Bologna. Alla chiesa di Santa Maria de’ Servi fece in una tavola la Nostra Donna col Figliuolo in braccio che dorme, e da un lato certi Angeli, uno de’ quali ha in braccio un’urna di cristallo, dentro la quale riluce una croce contemplata dalla Nostra Donna. La quale opera, perché non se ne contentava molto, rimase imperfetta; ma nondimeno è cosa molto lodata in quella sua maniera piena di grazia e di bellezza. Intanto cominciò Francesco a dismettere l’opera della Steccata, o almeno a fare tanto adagio, che si conosceva che v’andava di male gambe. E questo avveniva perché, avendo cominciato a studiare le cose dell’alchimia, aveva tralasciato del tutto le cose della pittura, pensando di dover tosto aricchire congelando mercurio. Per che stillandosi il cervello, non con pensare belle invenzioni, né con i pennelli o mestiche, perdeva tutto il giorno in tramenare carboni, legne, bocce di vetro et altre simili bazicature che gli facevano spendere più in un giorno, che non guadagnava a lavorare una settimana alla capella della Steccata; e non avendo altra entrata, e pur bisognandogli anco vivere, si veniva così consumando con questi suoi fornelli a poco a poco. E, che fu peggio, gl’uomini della Compagnia della Steccata, vedendo che egli avea del tutto tralasciato il lavoro, avendolo per aventura, come si fa, soprapagato, gli messero lite; onde egli per lo migliore si ritirò, fuggendosi una notte con alcuni amici suoi a Casalmaggiore; dove, uscitogli alquanto di capo l’alchimie, fece per la chiesa di Santo Stefano, in una tavola, la Nostra Donna in aria, e da basso San Giovambatista e Santo Stefano. E dopo fece (e questa fu l’ultima pittura che facesse) un quadro d’una Lucrezia romana, che fu cosa divina e delle migliori che mai fusse veduta di sua mano; ma come si sia è stato trafugato che non si sa dove sia. È di sua mano anco un quadro di certe ninfe, che oggi è in casa di Messer Niccolò Buffolini a Città di Castello; et una culla di putti, che fu fatta per la signora Angiola de’ Rossi da Parma, moglie del signor Alessandro Vitelli, la quale è similmente in Città di Castello. Francesco finalmente, avendo pur sempre l’animo a quella sua alchimia, come gl’altri che le impazzano dietro una volta, et essendo di delicato e gentile, fatto con la barba e chiome lunghe e mal conce, quasi un uomo sabatico et un altro da quello che era stato, fu assalito, essendo mal condotto e fatto malinconico e strano, da una febre grave e da un flusso crudele, che lo fecero in pochi giorni passare a miglior vita. Et a questo modo pose fine ai travagli di questo mondo, che non fu mai conosciuto da lui se non pieno di fastidii e di noie. Volle essere sepolto nella chiesa de’ frati de’ Servi, chiamata la