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venne Alberto in tanta collora che, partitosi di Fiandra, se ne venne a Vinezia e, ricorso alla Signoria, si querelò di Marcantonio. Ma però non ottenne altro se non che Marcantonio non facesse più il nome e né il segno sopradetto d’Alberto nelle sue opere. Dopo le quali cose, andatosene Marcantonio a Roma, si diede tutto al disegno. Et Alberto tornato in Fiandra, trovò un altro emulo che già aveva cominciato a fare di molti intagli sottilissimi a sua concorrenza: e questi fu Luca d’Olanda, il quale, se bene non aveva tanto disegno quanto Alberto, in molte cose nondimeno lo paragonava col bulino. Fra le molte cose che costui fece, e grandi e belle, furono le prime, l’anno 1509, due tondi: in uno de’ quali Cristo porta la croce, e nell’altro è la sua Crucifissione. Dopo mandò fuori un Sansone, un Davit a cavallo et un San Pietro martire con i suoi percussori. Fece poi in una carta in rame un Saul a sedere e Davit giovinetto che gli suona intorno. Né molto dopo, avendo acquistato assai, fece in un grandissimo quadro di sottilissimo intaglio, Virgilio spenzolato dalla finestra nel cestone, con alcune teste e figure tanto maravigliose, che elle furono cagione che, assottigliando Alberto per questa concorrenza l’ingegno, mandasse fuori alcune carte stampate tanto eccellenti, che non si può far meglio. Nelle quali volendo mostrare quanto sapeva, fece un uomo armato a cavallo, per la fortezza umana, tanto ben finito, che vi si vede il lustrare dell’arme e del pelo d’un cavallo nero; il che fare è difficile in disegno. Aveva questo uomo forse la morte vicina, il tempo in mano et il diavolo dietro. Evvi similmente un can peloso, fatto con le più difficili sottigliezze che si possino fare nell’intaglio. L’anno 1512 uscirono fuori di mano del medesimo sedici storie piccole in rame della Passione di Gesù Cristo, tanto ben fatte, che non si possono vedere le più belle, dolci e graziose figurine, né che abbiano maggior rilievo. Da questa medesima concorrenza mosso il detto Luca d’Olanda, fece dodici pezzi simili e molti begli, ma non già così perfetti nell’intaglio e nel disegno. Et oltre a questi, un S. Giorgio, il quale conforta la fanciulla che piagne per aver a essere dal serpente devorata, un Salamone che adora gli idoli, il Battesimo di Cristo, Piramo e Tisbe, Asuero e la regina Ester ginocchioni. Dall’altro canto Alberto, non volendo essere da Luca superato, né in quantità né in bontà d’opere, intagliò una figura nuda sopra certe nuvole, e la Temperanza con certe ale mirabili, con una coppa d’oro in mano, et una briglia, et un paese minutissimo; et appresso un Santo Eustachio inginocchiato dianzi al cervio che ha il Crucifisso fra le corna: la quale carta è mirabile, e massimamente per la bellezza d’alcuni cani in varie attitudini, che non possono essere più belli. E fra i molti putti che egli fece in diverse maniere per ornamenti d’armi e d’imprese, ne fece alcuni che tengono uno scudo, dentro al quale è una morte con un gallo per cimieri, le cui penne sono in modo sfilate, che non è possibile fare col bulino cosa di maggior finezza. Et ultimamente mandò fuori la carta del San Ieronimo che scrive et è in abito di cardinale, col lione a’ piedi che dorme; et in questa finse Alberto una stanza con finestre di vetri, nella quale, percotendo il sole, ribatte i razzi là dove il Santo scrive, tanto vivamente, che è una maraviglia; oltre che vi sono libri, oriuoli, scritture e tante altre cose, che non si può in questa professione far più, né meglio. Fece