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era stampata, lumeggiata di biacca. Condusse Ugo in questa maniera con un disegno di Raffaello, fatto di chiaro scuro, una carta nella quale è una Sibilla a sedere che legge et un fanciullo vestito che gli fa lume con una torcia. La qual cosa essendogli riuscita, prese animo, tentò Ugo di far carte con stampe di legno di tre tinte. La prima faceva l’ombra, l’altra, che era una tinta di colore più dolce, faceva un mezzo, e la terza, graffiata, faceva la tinta del campo più chiara et i lumi della carta bianchi; e gli riuscì in modo anco questa, che condusse una carta dove Enea porta addosso Anchise, mentre che arde Troia. Fece appresso un Deposto di croce e la storia di Simon Mago, che già fece Raffaello nei panni d’arazzo della già detta capella. E similmente Davitte che amazza Golia, e la fuga de’ Filistei, di che avea fatto Raffaello il disegno per dipignerla nelle logge papali. E dopo molte altre cose di chiaro scuro, fece nel medesimo modo una Venere con molti amori che scherzano. E perché, come ho detto, fu costui dipintore, non tacerò che egli dipinse a olio senza adoperare pennello ma con le dita, e parte con suoi altri instrumenti capricciosi, una tavola che è in Roma all’altare del Volto Santo; la quale tavola, essendo io una mattina con Michelagnolo a udir messa al detto altare, e veggendo in essa scritto che l’aveva fatta Ugo da Carpi senza pennello, mostrai ridendo cotale inscrizione a Michelagnolo, il quale, ridendo anch’esso, rispose: "Sarebbe meglio che avesse adoperato il pennello e l’avesse fatta di miglior maniera". Il modo adunque di fare le stampe in legno di due sorti, e fingere il chiaro scuro, trovato da Ugo, fu cagione che, seguitando molti le costui vestigie, si sono condotte da altri molte bellissime carte. Per che dopo lui Baldassarre Peruzzi, pittore sanese, fece di chiaro scuro simile una carta d’Ercole che caccia l’Avarizia, carica di vasi d’oro e d’argento, dal monte di Parnaso, dove sono le muse in diverse belle attitudini, che fu bellissima. E Francesco Parmigiano intagliò in un foglio reale aperto un Diogene, che fu più bella stampa che alcuna che mai facesse Ugo. Il medesimo Parmigiano, avendo mostrato questo modo di fare le stampe con tre forme ad Antonio da Trento, gli fece condurre in una carta grande la decollazione di San Pietro e San Paulo di chiaro scuro. E dopo in un’altra fece con due stampe solo la Sibilla Tiburtina che mostra ad Ottaviano imperadore Cristo nato in grembo alla Vergine, et uno ignudo che sedendo volta le spalle in bella maniera, e similmente in un ovato una Nostra Donna a giacere, e molte altre, che si veggiono fuori di suo stampate dopo la morte di lui da Ioannicolò Vicentino. Ma le più belle poi sono state fatte da Domenico Beccafumi sanese, dopo la morte del detto Parmigiano, come si dirà largamente nella vita di esso Domenico. Non è anco stata se non lodevole invenzione l’essere stato trovato il moda da intagliare le stampe più facilmente che col bulino, se bene non vengono così nette, cioè con l’acqua forte, dando prima in sul rame una coverta di cera, o di vernice, o colore a olio, e disegnando poi con un ferro, che abbia la punta sottile, che sgraffi la cera o la vernice o il colore che sia; per che messavi poi sopra l’acqua da partire, rode il rame di maniera che lo fa cavo, e vi si può stampare sopra. E di questa sorte fece Francesco Parmigiano molte cose piccole che sono molto graziose, sì come una Natività di Cristo, quando è morto e pianto dalle Marie, uno de’ panni