Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/379

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tela, delle fila della quale, sottilissime, aveva tanto ben fatti i peli della barba, che era cosa da non potersi imaginare, non che fare, et al lume traspareva da ogni lato. Il quale ritratto, che a Giulio era carissimo, mi mostrò egli stesso per miracolo quando, vivendo lui, andai per mie bisogne a Mantova. Morto il duca Federigo, dal quale più che non si può credere era stato amato Giulio, se ne travagliò di maniera, che si sarebbe partito di Mantova, se il cardinale fratello del Duca, a cui era rimaso il governo dello stato per essere i figliuoli di Federigo piccolissimi, non l’avesse ritenuto in quella città dove aveva moglie, figliuoli, case, villaggi e tutti altri commodi che ad agiato gentiluomo sono richiesti. E ciò fece il cardinale, oltre alle dette cagioni, per servirsi del consiglio et aiuto di Giulio in rinovare e quasi far di nuovo tutto il Duomo di quella città: a che messo mano, Giulio lo condusse assai inanzi con bellissima forma. In questo tempo Giorgio Vasari, che era amicissimo di Giulio, se bene non si conoscevano se non per fama e per lettere, nell’andare a Vinezia, fece la via per Mantova per vedere Giulio e l’opere sue. E così arrivato in quella città, andando per trovar l’amico senza essersi mai veduti, scontrandosi l’un l’altro si conobbono non altrimenti che se mille volte fussero stati insieme presenzialmente. Di che ebbe Giulio tanto contento et allegrezza, che per quattro giorni non lo staccò mai, mostrandogli tutte l’opere sue e particolarmente tutte le piante degli edifizii antichi di Roma, di Napoli, di Pozzuolo, di Campagna e di tutte l’altre migliori antichità di che si ha memoria, disegnate parte da lui e parte da altri. Di poi, aperto un grandissimo armario, gli mostrò le piante di tutti gl’edifizii che erano stati fatti con suoi disegni et ordine, non solo in Mantova et in Roma, ma per tutta la Lombardia, e tanto belli, che io per me non credo che si possano vedere né le più nuove, né le più belle fantasie di fabbriche, né meglio accommodate. Dimandando poi il cardinale a Giorgio quello che gli paresse dell’opere di Giulio, gli rispose (esso Giulio presente) che elle erano tali, che ad ogni canto di quella città meritava che fusse posta la statua di lui e che, per averla egli rinovata, la metà di quello stato non sarebbe stata bastante a rimunerar le fatiche e virtù di Giulio. A che rispose il cardinale Giulio essere più padrone di quello stato che non era egli. E perché era Giulio amorevolissimo e specialmente degli amici, non è alcuno segno d’amore e di carezze che Giorgio non ricevesse da lui. Il qual Vasari partito di Mantova et andato a Vinezia e di là tornato a Roma, in quel tempo a punto che Michelagnolo aveva scoperto nella cappella il suo Giudizio mandò a Giulio, per Messer Nino Nini da Cortona, segretario del detto cardinale di Mantova, tre carte de’ sette peccati mortali ritratti dal detto Giudizio di Michelagnolo, che a Giulio furono oltre modo carissimi, sì per essere quello ch’egli erano, e sì perché, avendo allora a fare al cardinale una cappella in palazzo, ciò fu un destargli l’animo a maggior cose che quelle non erano che aveva in pensiero. Mettendo dunque ogni estrema diligenza in fare un cartone bellissimo, vi fece dentro con bel capriccio quando Pietro et Andrea chiamati da Cristo lasciano le reti per seguitarlo, e di pescatori di pesci divenire pescatori d’uomini. Il quale cartone, che riuscì il più bello che mai avesse fatto Giulio, fu poi messo in opera da Fermo Guisoni,