Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/391

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piccol fanciullo abbandonato da’ suoi parenti, fu dalla virtù sola guidato e governato. La quale egli, come sua legittima madre, conobbe sempre, e quella onorò del continovo. E l’osservazione dell’arte della pittura fu talmente seguita da lui con ogni studio, che fu cagione di fare nel tempo suo quegli ornamenti tanto egregii e lodati, che hanno accresciuto come a Genova et al principe Doria. Laonde si può senza dubbio credere che il cielo solo sia quello che conduca gli uomini da quella infima bassezza dove nascono, al sommo della grandezza dove eglino ascendono quando, con l’opere loro affaticandosi, mostrano essere seguitatori delle scienze che pigliano a imparare; come pigliò e seguitò per sua Perino l’arte del disegno, nella quale mostrò eccellentissimamente e con grazia, somma perfezzione. E nelli stucchi non solo paragonò gli antichi, ma tutti gli artefici moderni in quel che abbraccia tutto il genere della pittura, con tutta quella bontà che può maggiore desiderarsi da ingegno umano che voglia far conoscere, nelle difficultà di quest’arte, la bellezza, la bontà e la vaghezza e leggiadria ne’ colori e negli altri ornamenti. Ma vegnamo più particolarmente a l’origine sua. Fu nella città di Fiorenza un Giovanni Buonaccorsi che, nelle guerre di Carlo Ottavo re di Francia, come giovane et animoso e liberale, in servitù con quel principe, spese tutte le facultà sue nel soldo e nel giuoco, et in ultimo ci lasciò la vita. A costui nacque un figliuolo, il cui nome fu Piero, che rimasto piccolo di due mesi per la madre morta di peste, fu con grandissima miseria allattato da una capra in una villa infino che il padre, andato a Bologna, riprese una seconda donna, alla quale erano morti di peste i figliuoli et il marito. Costei con il latte appestato finì di nutrire Piero, chiamato Pierino per vezzi, come ordinariamente per li più si costuma chiamare i fanciulli, il qual nome se gli mantenne poi tuttavia. Costui condotto dal padre in Fiorenza, e nel suo ritornarsene in Francia lasciatolo ad alcuni suoi parenti, quelli, o per non avere il modo o per non voler quella briga di tenerlo e farli insegnare qualche mestiero ingegnoso, l’acconciarono allo speziale del Pinadoro acciò che egli imparasse quel mestiero. Ma non piacendogli quell’arte, fu preso per fattorino da Andrea de’ Ceri pittore, piacendogli e l’aria et i modi di Perino e parendogli vedere in esso un non so che d’ingegno e di vivacità da sperare che qualche buon frutto dovesse col tempo uscir di lui. Era Andrea non molto buon pittore, anzi ordinario e di questi che stanno a bottega aperta publicamente a lavorare ogni cosa meccanica; et era consueto dipignere ogni anno per la festa di San Giovanni certi ceri che andavano e vanno ad offerirsi, insieme con gli altri tributi della città; e per questo si chiamava Andrea de’ Ceri, dal cognome del quale fu poi detto un pezzo Perino de’ Ceri. Custodì dunque Andrea Perino qualche anno, et insegnatili i principii dell’arte il meglio che sapeva, fu forzato nel tempo dell’età di lui d’undici anni acconciarlo con miglior maestro di lui. Per che avendo Andrea stretta dimestichezza con Ridolfo, figliuolo di Domenico Ghirlandaio, che era tenuto nella pittura molto pratico e valente, come si dirà, con costui acconciò Andrea de’ Ceri Perino, acciò che egli attendesse al disegno e cercasse di fare quell’acquisto in quell’arte che mostrava l’ingegno, che egli aveva grandissimo, con quella voglia et amore che più poteva. E così seguitando,