Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/396

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nicchie grandi e nicchie piccole, e nelle grandi sono varie sorti di filosofi, due per nicchia, et in qualcuna un solo, e nelle minori sono putti ignudi e parte vestiti di velo, con certe teste di femmine finte di marmo sopra alle nicchie piccole. E sopra la cornice che fa fine a’ pilastri, seguiva un altro ordine, partito sopra il primo ordine, con istorie di figure non molto grandi de’ fatti de’ Romani, cominciando da Romulo per fino a Numa Pompilio. Sonovi similmente varii ornamenti contrafatti di varie pietre di marmi; è sopra il cammino di pietre bellissimo una Pace la quale abbraccia armi e trofei, che è molto viva. Della quale opera fu tenuto conto, mentre visse Messer Marchionne, e di poi da tutti quelli che operano in pittura, oltra quelli che non sono della professione, che la lodano straordinariamente. Fece nel monasterio delle monache di Santa Anna una cappella in fresco con molte figure, lavorata da lui con la solita diligenzia. Et in San Stefano del Cacco, ad un altare, dipinse in fresco per una gentildonna romana una Pietà con un Cristo morto in grembo alla Nostra Donna, e ritrasse di naturale quella gentildonna che par ancor viva. La quale opera è condotta con una destrezza molto facile e molto bella. Aveva in questo tempo Antonio da Sangallo fatto in Roma, in su una cantonata di casa, che si dice l’immagine di Ponte, un tabernacolo molto ornato di trevertino e molto onorevole, per farvi dentro di pitture qualcosa di bello; e così ebbe commessione dal padrone di quella casa che lo dessi a fare a chi li pareva che fusse atto a farvi qualche onorata pittura. Onde Antonio, che conosceva Perino di que’ giovani che vi erano per il migliore, a lui la allogò. Et egli messovi mano, vi fece dentro Cristo quando incorona la Nostra Donna, e nel campo fece uno splendore con un coro di Serafini et Angeli che hanno certi panni sottili che spargono fiori, et altri putti molto belli e varii, e così nelle due facce del tabernacolo fece nell’una San Bastiano e nell’altra Santo Antonio, opera certo ben fatta e simile alle altre sue, che sempre furono e vaghe e graziose. Aveva finito nella Minerva un protonotario, una cappella di marmo in su quattro colonne; e come quello che desiderava lassarvi una memoria d’una tavola, ancora che non fusse molto grande, sentendo la fama di Perino, convenne seco e gliela fece lavorare a olio, et in quella volle a sua elezzione un Cristo sceso di croce; il quale Perino, con ogni studio e fatica, si messe a condurre. Dove egli lo figurò esser già in terra deposto, et insieme le Marie intorno che lo piangono, fingendo un dolore e compassionevole affetto nelle attitudini e gesti loro; oltra che vi sono que’ Niccodemi, e le altre figure ammiratissime, meste et afflitte nel vedere l’innocenza di Cristo morto. Ma quel che egli fece divinissimamente furono i duoi ladroni, rimasti confitti in sulla croce, che sono oltra al parer morti e veri, molto ben ricerchi di muscoli e di nervi, avendo egli occasione di farlo, onde si rappresentano, a gl’occhi di chi li vede, le membra loro in quella morte violenta tirate dai nervi et i muscoli da’ chiovi e dalle corde. Èvvi oltre ciò un paese nelle tenebre, contrafatto con molta discrezione et arte. E se a questa opera non avesse la inondazione del diluvio che venne a Roma doppo il Sacco fatto dispiacere coprendola più di mezza, si vedrebbe la sua bontà, ma l’acqua rintenerì di maniera il gesso e fece gonfiare il legname di sorte, che tanto quanto se ne bagnò