Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/397

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da piè si è scortecciato in modo che se ne gode poco, anzi fa compassione il guardalla e grandissimo dispiacere, perché ella sarebbe certo de le pregiate cose che avesse Roma. Facevasi in questo tempo per ordine di Iacopo Sansovino rifar la chiesa di S. Marcello di Roma, convento de’ frati de’ Servi, che oggi è rimasa imperfetta; onde, avendo eglino tirate a fine di muraglia alcune cappelle e coperte di sopra, ordinaron que’ frati che Perino facesse in una di quelle per ornamento d’una Nostra Donna, devozione in quella chiesa, due figure in due nicchie che la mettessino in mezzo: San Giuseppo e San Filippo, frate de’ Servi et autore di quella Religione. E quelli finiti, fece loro sopra alcuni putti perfettissimamente, e ne messe in mezzo della facciata uno ritto in sur un dado che tiene sulle spalle il fine di due festoni che esso manda verso le cantonate della cappella, dove sono due altri putti che gli reggono a sedere in su quelli, facendo con le gambe attitudini bellissime. E questo lavorò con tant’arte, con tanta grazia, con tanta bella maniera, dandoli nel colorito una tinta di carne e fresca e morbida, che si può dire che sia carne vera, più che dipinta. E certo si possono tenere per i più begli che in fresco facesse mai artefice nessuno; la cagione è che nel guardo vivono, nell’attitudine si muovono, e ti fan segno con la bocca voler isnodar la parola, e che l’arte vince la natura, anzi che ella confessa non potere far in quella più di questo. Fu questo lavoro di tanta bontà nel conspetto di chi intendeva l’arte, che ne acquistò gran nome, ancora che egli avesse fatto molte opere e si sapesse certo quello che si sapeva del grande ingegno suo in quel mestiero; e se ne tenne molto più conto e maggiore stima, che prima non si era fatto. E per questa cagione Lorenzo Pucci cardinale Santiquattro, avendo preso alla Trinità, convento de’ frati calavresi e franciosi che vestono l’abito di San Francesco di Paula, una cappella a man manca allato alla cappella maggiore, la allogò a Perino, acciò che in fresco vi dipignesse la vita della Nostra Donna. La quale cominciata da lui, finì tutta la volta et una facciata sotto un arco; e così fuor di quella, sopra un arco della cappella, fece due Profeti grandi di quattro braccia e mezzo, figurando Isaia e Daniel, i quali nella grandezza loro mostrano quell’arte e bontà di disegno e vaghezza di colore, che può perfettamente mostrare una pittura fatta da artefice grande. Come apertamente vedrà chi considererà lo Esaia, che mentre legge si conosce la maninconia che rende in sé lo studio et il desiderio nella novità del leggere, perché affisato lo sguardo a un libro, con una mano alla testa mostra come l’uomo sta qualche volta quando egli studia. Similmente il Daniel immoto alza la testa alle contemplazioni celesti, per isnodare i dubbi a’ suoi popoli. Sono, nel mezzo di questi, due putti che tengono l’arme del cardinale, con bella foggia di scudo, i quali oltre l’esser dipinti che paion di carne, mostrano ancor esser di rilievo. Sono sotto spartite nella volta quattro storie, dividendole la crocera, cioè gli spigoli delle volte. Nella prima è la concezzione di essa Nostra Donna; nella seconda è la natività sua; nella terza è quando ella saglie i gradi del tempio; e nella quarta quando San Giuseppo la sposa. In una faccia, quanto tiene l’arco della volta, è la sua visitazione, nella quale sono molte belle figure, e massimamente alcune che son salite in su certi basamenti; che, per veder meglio le cerimonie di quelle donne, stanno con