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fra molte cose che fece, egli condusse tutta una facciata di Ca’ Soranzo in su la piazza di San Polo. Ne la quale, oltra molti quadri e storie et altre sue fantasie, si vede un quadro lavorato a olio in su la calcina, cosa che ha retto all’acqua, al sole et al vento, e conservatasi fino a oggi. Ècci ancora una primavera, che a me pare delle belle cose che e’ dipignesse in fresco, ed è gran peccato, che il tempo l’abbia consumata sì crudelmente. Et io per me non trovo cosa che nuoca più al lavoro in fresco, che gli scirocchi, e massimamente vicino a la marina, dove portono sempre salsedine con esso loro. Seguì in Venezia, l’anno 1504, al ponte del Rialto un fuoco terribilissimo nel Fondaco de’ tedeschi, il quale lo consumò tutto, con le mercanzie e con grandissimo danno de’ mercatanti: dove la Signoria di Venezia ordinò di rifarlo di nuovo, e con maggior commodità di abituri e di magnificenza e d’ornamento e bellezza fu speditamente finito, dove, essendo cresciuto la fama di Giorgione, fu consultato et ordinato da chi ne aveva la cura, che Giorgione lo dipingesse in fresco di colori, secondo la sua fantasia, purché e’ mostrasse la virtù sua e che e’ facesse un’opera eccellente, essendo ella nel più bel luogo e ne la maggior vista di quella città. Per il che, messovi mano, Giorgione non pensò se non a farvi figure a sua fantasia, per mostrar l’arte; che nel vero non si ritrova storia, che abbino ordine o che rappresentino i fatti di nessuna persona segnalata, o antica o moderna, et io per me non l’ho mai intese, né anche per dimanda, che si sia fatta, ho trovato chi l’intenda, perché dove è una donna, dove è un uomo in varie attitudini, chi ha una testa di lione appresso, altra con un Angelo, a guisa di Cupido, né si giudica quel che si sia. V’è bene sopra la porta principale, che riesce in merzeria, una femina a sedere, ch’ha sotto una testa d’un gigante morta, quasi in forma d’una Iuditta, ch’alza la testa con la spada e parla con un todesco, quale è a basso, né ho potuto interpretare per quel che se l’abbi fatta, se già non l’avesse voluta fare per una Germania. In somma e’ si vede ben le figure sue esser molto insieme, e che andò sempre acquistando nel meglio: e vi sono teste e pezzi di figure molto ben fatte e colorite vivacissimamente. Et attese in tutto quello che egli vi fece, che traesse al segno de le cose vive e non a imitazione nessuna de la maniera. La quale opera è celebrata in Venezia e famosa non meno per quello che e’ vi fece, che per il commodo delle mercanzie et utilità del pubblico. Lavorò un quadro d’un Cristo che porta la croce et un giudeo lo tira, il quale col tempo fu posto nella chiesa di San Rocco, et oggi per la devozione che vi hanno molti, fa miracoli, come si vede. Lavorò in diversi luoghi, come a Castelfranco e nel trivisano, e fece molti ritratti a vari principi italiani; e fuor d’Italia furono mandate molte de l’opere sue, come cose degne veramente, per far testimonio che se la Toscana soprabbondava di artefici in ogni tempo, la parte ancora di là vicino a’ monti non era abbandonata e dimenticata sempre dal cielo. Dicesi che Giorgione, ragionando con alcuni scultori nel tempo che Andrea Verrocchio faceva il cavallo di bronzo, che volevano perché la scultura mostrava in una figura sola diverse positure e vedute girandogli a torno, che per questo avanzasse la pittura, che non mostrava in una figura se non una parte sola, Giorgione che era d’oppinione che in una storia di pittura si mostrasse senza avere a caminare a torno,