Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. I, 1912 – BEIC 1904739.djvu/217

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relazione di alvise molin 211

esposto il pressidio di Vostra Serenitá ad esser tagliato improvvisamente a pezzi, se questo cavaliere continuava ad essercitare il governo di Porto, poiché, presa quella fortezza, era presa Mantova; s’affaticò in dimostrare esser necessario qualche pronto rimedio; disse che bisognava che la serenissima republica vi pensi; che non si può senza evidente rischio lasciare correre le cose di questo modo, perché la signora prencipessa un giorno fará il colpo, non essendo il numero delle genti di Vostra Serenitá sufficiente a reprimerlo; e parlò con tanta passione contro la signora prencipessa e contro il marchese Guerriero, che, riputata eccedente dal medesimo signor Della Tullerie, lo corresse, aggiongendo nondimeno che si era stati ad un pontino e che, se li dissegni di Casale riuscivano, non vi sarebbe stato rimedio. Diedero titolo alla prencipessa di molto accorta e dissero che burla tutti; che non bisogna prestarle credenza alcuna, perché ha delle macchine in testa; e che insomma è portata intieramente al partito spagnolo e tiene prattiche secrete, fomentata anco da’ suoi consiglieri; contro de’ quali, e in particolar del marchese Della Valle, s’espressero pure in viva maniera, dicendo La Tullerie che egli perseguita quel buon vecchio ottuagenario Guiscardi, gran cancelliere, solo perché si dimostra d’affetto francese, conoscendo con la sua antica prudenza cosí ricercare il servizio del signor duca. Io risposi che la republica a tutto sta attenta; che opera quello che può conferire alla conservazione di Mantova, agl’interessi del signor duca, sempre con ottimo fine e rettissima intenzione; che in Mantova s’era rinforzato il pressidio della miglior gente, ridotto buon nervo di soldatesca nel Veronese e ben disposte tutte ie cose; onde non si poteva negare che, per la parte sua, non operasse la serenissima republica tutto quello poteva. Lasciai cadere qualche tocco che dalla dolcezza e soavitá del trattare si poteva sperar qualche frutto, dovendo la signora prencipessa, col riflettere nelle proprie considerazioni, appigliarsi a quello che era piú conferente al servizio suo proprio e della sua posteritá. Il signor Della Tur repplicò delli medesimi concetti prima espressi, placitando la signora prencipessa