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relazione di emilio maria manolesso 31

d’Urbino contro Leone X il duca Francesco Maria e mantenne, non meno di quello che fecero l’armi francese, questi Stati al duca Alfonso I contro Giulio II, Leone X e Clemente VII pontefici inimicissimi della casa d’Este. Nella guerra parimente di Giaradada questa serenissima republica, oppugnata da tutti li prencipi cristiani, non ebbe contra le loro forze maggior presidio che l’amore e devozione de’ sudditi, con la sua bontá, pietá, integritá, umanitá e giustizia acquistata.

I popoli di questi Stati sono bellicosí assai, e specialmente la nobiltá, e portano somma devozione alla casa d’Este, perché sono tanti secoli vissuti sotto la sua protezione e anche perché i lombardi sono di natura fedeli e obedienti al suo prencipe, nell’opposito di quei di Toscana, che per la troppo vivezza sono inquieti e d’animo indomiti. Il che Vostra Serenitá vedrá esser verissimo, ramentandosi che in Toscana sono state sempre tante sedizioni, tante guerre civili, tante republiche, tanti tiranni e finalmente tante mutazioni di Stati: cosa che non è avvenuta in Lombardia, per non essere gli spiriti degli uomini, parlo dell’universale, cosí vivi ed inquieti. E quanto all’affezione de’ popoli, io posso affermare a Vostra Serenitá di averne veduti segni manifestissimi, perché, essendo venuta la quaresima passata da Parigi nova della desperata salute dell’illustrissimo cardinale d’Este, tutta la cittá, dico da dovero, parlando non come oratore ma come istorico, piangeva tardando i secondi avvisi: non si udiva per le case e strade altro che voci di chi pregava per il cardinale o di lui addimandavano, non altrimente di quello che se il cardinale fosse stato figliolo, fratello o padre di tutti. E il dolore nasceva, non tanto per la perdita del cardinale, quanto per l’interesse del duca e della casa. [Ben è vero che il duca presente non è cosí amato come li suoi predecessori, e questo per l’austeritá ed essazione che fa Cristoforo da Fiume, cognominato il Sfrisá, suo gabelliero, il quale è tanto odiato da ciascuno, che col suo castigo potria il signor duca acquistarsi infinitamente la grazia de’ popoli, ed in tal caso adoreriano Sua Eccellenza. Il signor duca si fida assai de’ popoli sudditi; e quando andò l’anno passato a Vienna, lasciò la cittá ed il Stato non