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li duchi di Savoia e Fiorenza li usavano, essendo a loro eguale, era astretto, a ciò il mondo non lo giudicasse a loro inferiore, ad usarli. Aspira a grandezze, né si contenta del suo Stato. Per questo rispetto è entrato nella pratica di Polonia, alla quale fu esortato dal cardinale suo fratello e dall’ambasciatore che tiene in Polonia. Le speranze sue sono fondate certo non leggermente, e son questi li fondamenti principali: il favor della serenissima infante, conciliato con la promessa del matrimonio; la nobiltá del sangue; l’avere un Stato potente, grande e atto a mantenersi da sé; Tesser forsi piú danaroso di qualsivoglia altro competitore; Tesser d’una nazione amica ai polacchi e non nemica e odiosa come l’alemana e moscovita; Tesser in etá convenevole al governar; l’esser tenuto prencipe valoroso e bellicoso forse piú degli altri competitori; e finalmente per non poter cader sospetto che Sua Eccellenza potesse opprimere la libertá del regno. Questi sono li fondamenti delle speranze di Sua Eccellenza, le quali, se siano riuscibili o no, non conviene a me dirlo, specialmente stimando che Teccellentissimo signor Girolamo Lippómano ne abbia dato a pieno conto a Vostra Serenitá].

È molto prudente, come si vede dal modo suo tenuto nel negoziare, con il quale tiene sicurissimo il suo Stato con molta riputazione. Perché, vedendo Sua Eccellenza il signor duca di Fiorenza suo emulo potente e, ne’ primi anni che entrò nel suo Stato, unitissimo a Pio IV; e vedendo altresi che l’appoggio della casa di Francia, sopra il quale li suoi maggiori avevano fatto sempre grandissimo fondamento, mantenendo con quel agiuto lo Stato ne’ travagli avuti da Giulio II, Leone X e Clemente VII, era divenuto debole, essendo quel regno per le dissensioni e discordie civili fatto piú tosto bisognoso di soccorso che atto a sovvenire altrui; si rivolse alla protezione della serenissima casa d’Austria, della quale si ha in maniera acquistata la grazia che ha sturbati tutti li dissegni delli nemici, poiché la Maestá cesarea impose, come ho detto, al governatore di Milano che prendesse le armi in favore di Sua Eccellenza e la sudetta Maestá annullò il titolo di granduca di