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Avendo detto finora delle condizioni del reverendissimo signor cardinale e della signora duchessa, ed in questa parte considerato quel che ho potuto del Stato di Monferrá, resta, si come ho promesso a Vostra Serenitá, dire del signor duca qualche cosa; del quale si come si può affermar poco, essendo di circa otto anni, cosí si può sperar molto, dimostrando nella indole un molto vigore ed una molta vivacitá. Il putto è malanconico di complessione, ha due occhi pieni di spirito, né si diletta di cosa alcuna puerile, e pare che tacitamente si goda d’esser signore. Ha buonissima memoria e dimostra esser molto inclinato alle lettere, nelle quali ebbe giá per precettore messer Lampridio, che mori, uomo molto letterato, ed ora ha messer Francesco Conterno, del quale il signor cardinale si contenta sopra modo, ed usa in ammaestrarlo ed insegnarli molta diligenza. Abita con la signora sua madre nel castello. Stanno al suo governo due cavalieri: messer Alvise Gonzaga e messer Carlo di Nuvolone, quali sono quelli che entrano nel consiglio secreto, con il signor cardinale e la signora duchessa, insieme col secretano Calandra, uomo riputato assai.

Vengo mò, serenissimo Principe, alla terza parte, nella quale ho da dire la risoluzione circa li banditi ed alcune altre cose che mi disse Sua Signoria reverendissima e mi commise che in nome suo dovesse riferire a Vostra Serenitá.

Il giorno che io doveva partire, Sua Signoria reverendissima mi venne a trovare nella mia camera, ove, essendo noi soli ed il secretar io, mi disse quello che ancora aveva detto innanzi: — Ambasciatore, circa li banditi direte a quell’illustrissima Signoria che io aveva in animo di prevenir la loro dimanda, perché nessuna cosa ho tanto cara in questo governo quanto che conservare la giustizia per quanto possono le forze mie; e spero che nostro signore Dio aiuterá questa buona intenzion mia. Ho voluto vedere la convenzion del duca di Ferrara, la quale perché in alcune cose non mi piace, farò fare una scrittura, la qual sará poi appresentata per l’ambasciator mio; il qual voglio ad ogni modo che vi accompagni, poiché siete disposto di voler partire. E se quei signori vorran fare come vorrò io, mi