Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. I, 1912 – BEIC 1904739.djvu/67

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relazione di bernardo navagero 61

piacerá avermi conformato con la intenzione loro. Se non, io voglio fare quello che vorrá quella eccellentissima republica. — Si che la cosa si concluderá per mezzo del suo ambasciatore, come vorrá la Serenitá Vostra. Il qual ambasciatore dimostra talmente esser affezionato alle cose di questo illustrissimo Stato, per aver abitato undici anni continui qui e per aver sempre ricevuto e dalla Serenitá Vostra e dalli particolari gentiluomini cortesia, che dice non voler cedere d’affezione a questa republica a qualunque altro che sia nato in questa cittá.

Soggiunse poi che si trovava per molte cause obligato alla Serenitá Vostra, ma, avendogli ora fatto questa republica questo cosí gran favore d’avergli mandato un ambasciatore, conosceva che un tanto beneficio li aveva tolto il modo di potersi disobligare; con molte altre parole in questa materia, le quali conosco esser debito mio tacerle. Entrò poi a dire che io volessi affermare alla Vostra Serenitá che l’intenzion sua era di non partire mai dall’antica sua servitú con la Serenitá Vostra, ed al signor duca suo nipote non voler imprimer cosa piú ferma che questa divozione di questo illustrissimo Stato; il che conosceva esserli molto facile, essendo nato di chi è nato e dovendo essere sotto il governo di chi deve essere. Pregommi che io dovessi cosí assicuratamente dirlo, come cosa che non potesse essere altramente. E certo, serenissimo Principe, si come n’è buon testimonio il secretano mio, lo diceva con tanto affetto quanto era bastante a far credere che lo dicesse di cuore e per la veritá! Discorse poi delle laude del governo di questo illustrissimo dominio con tanta copia che il secretano ed io, come veneziani, non potevamo se non molto consolarsi; dicendo che qui era la vera immagine e idea della vera republica, dove con tanta concordia vivono li cittadini, dove con tanta equalitá si amministra la giustizia, dove tutti hanno un istesso fine, che è la grandezza e dignitá publica, e che questa republica aveva esterminata la gloria delle altre republiche, per esser nata cristiana, per la commoditá del sito, per la instituzion delle leggi e per il modo del governo, il quale Sua Signoria reverendissima si aveva proposto d’imitare in tutto quello che