Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. III, Parte I, 1916 – BEIC 1905987.djvu/236

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in Toscana di far condurre, anco in tempo di pace, acciò sia tanto meno difficile in tempo di guerra, quella piú quantitá di vittovaglia che sia possibile nelle cittá e terre forti, lassandone quasi vuota la campagna, alla quale se ne sumministra poi alla giornata. Ma dalla parte del pontefice, oltre che per la pianura e lunghezza de’ confini di terra di Roma, averia molto piú facile l’adito, sentina anco molto piú commodo di vivere da quel Stato, si per quella come per la parte di Lombardia per la via di Bologna. Di che n’ha certo esperienza il granduca, non avendo avuto la cittá di Fiorenza alcun grave pericolo che non sia venuto per la porta del dominio pontificio, e particolarmente da dui papi di casa di Medici: da Leone e poi da Clemente, che del tutto la sottopose a questa famiglia. Riceve poi all’incontro il granduca molti commodi da quest’amicizia, si per la riputazione che accresce, con questa unione, e al suo Stato e a’ suoi negozi, come anco per gli aiuti e commodi che ne riceve, col beneficare li suoi servitori con le ricchezze ecclesiastiche. Però, mosso il granduca da questi rispetti e avvertito da questi successi, ha sempre procurato che non si faccia pontefice che non gli sia in qualche parte obligato, e ordinariamente per questa cagione tenta di tenere amici con diverse maniere molti cardinali, e quelli appunto che sono in qualche . predicamento d’ascendere al papato. Ma non torna anco di minor benefizio alla Santa Sede quest’amicizia, per la sicurtá e riputazione che ne riceve dalla congiunzione d’un prencipe cosi vicino e tanto potente, facendosi quasi di due Stati uno; in modo che, essendo gl’interessi communi e reciprochi, si deve credere che quest’unione si debba molto conservare in tutti li casi. E con questo pontefice in particolare si mantiene il granduca con molti offici e da Sua Santitá ottiene molte grazie; e ora è grandemente accresciuta questa intelligenza per il nuovo parentando del signor Giacomo Boncompagno con la casa Sforza, trattato e concluso dal granduca e dal cardinale, che vi si è molto affaticato, e di piú avendo il granduca preso in protezione detto signore, si per il contado di Matelica, che tratta ora di comprare, come per quello di piú che potesse acquistare.