Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. III, Parte I, 1916 – BEIC 1905987.djvu/246

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parlar di bocca propria d’esso granduca. E questo fu che, cosi come Sua Altezza era restata grandemente sodisfatta di quanto in materia del titolo aveva la Serenitá Vostra sinora operato e di questa legazione, cosí desiderava ancora una cosa, che non saria staio nulla a Vostra Serenitá, e l’averia grandemente obligato, e questo era d’esser onorata da Vostra Serenitá in quella maniera in scrittura che aveva fatto io a bocca, contentandosi anco darle nelle lettere il nome di «Altezza», come si faceva al signor duca di Savoia. Il che ho voluto dirle per adempimento di quello che devo. Questo adunque, serenissimo Prencipe, è quanto ho potuto intendere dalle relazioni di molti e da molte osservazioni mie, mentre sono stato in quella corte, cosí di tutto quello che possedè come delle qualitá e affetti dell’animo e del corpo di questo prencipe. Del viaggio poi fu Vostra Serenitá avisata di qualche difficoltá e incommodo patito nell’andare, per cagione del mal contagioso; ma nel ritorno poi a Bologna, incontrato dalla cavalleria della cittá, che fu una compagnia di cavalli leggeri, venuti in nome del signor Fabbio Pepoli per un miglio fuori della cittá, con molte carrozze e gran numero di gentiluomini, m’accompagnò sino al monastero, dove alloggiai. Il giorno dietro, ch’io mi fermai per compire alle visite commessemi da Vostra Serenitá, mi banchettò e con molte dimostrazioni e parole procurò di farmi chiara la sua fedel servitú e la devota affezione posta alla Serenitá Vostra. A Ferrara poi mi fece il signor duca incontrare alla porta da una carrozza e un gentiluomo in suo nome, che, levatomi in essa e accompagnatomi lui sino all’altra porta, mi condusse a Francolino, dove io vòlsi arrivare per commoditá d’imbarcarmi; e in questo luogo mi fece il signor duca visitare, pur in suo nome, da alcuni gentiluomini, con molte parole d’onore e di riverenza verso la Serenitá Vostra, escusandosi se nell’andare, per rispetto del male, non aveva fatto quanto era il desiderio suo; e mi fece spesare per il tempo ch’io mi fermai in quel luogo, nel quale corsero due pasti.