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Pagina:Verga - Eros, 1884.djvu/17

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mente colla strana bizzarria delle reminiscenze. — Egli buttò il sigaro, e si alzò più pallido ed accigliato di prima.

Avea fatto tranquillamente i suoi studi in collegio sino a quell’età; era passato per le lingue, per i numeri, per l’analisi della parola e del pensiero; a sedici anni era diventato sognatore, fantastico, ipocondriaco, e sentì d’amare per la prima volta, perchè tutti i poeti parlavano d’amore. Allora, trionfante di mistero, mostrò di nascosto all’amico Gemmati i primi fiori vizzi che la cuginetta gli avea dato, o che egli le avea rubati; — Ami l’Adele? gli domandò Gemmati ch’era anch’esso un po’ parente della ragazza. — Sì! rispose Alberto facendosi rosso. — O come? se non la vedi quasi mai? — Quando penso a lei mi par d’impazzire; — ed era vero; che le prestava tutte le amplificazioni della sua fantasia, ma allorchè le stava accanto, una volta all’anno, rimaneva ingrullito vicino a quell’amante che gli proponeva di giocare a volano.


A 20 anni egli uscì dal collegio più bambino di quando c’era entrato; vuol dire con nessuna nozione esatta della vita, con molte fisime pel capo, e certi giudizî strampalati e preconcetti, nei quali si ostinava con cocciutaggine di uomo che pretenda conoscere il mondo dai libri. Il direttore del collegio fece trapelare tutte codeste brutte verità da una bella lettera che scrisse al signor Bartolomeo Forlani, il babbo dell’Adele, zio materno di Alberto, aggiungendo che il nipote non era riuscito a