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artisti da strapazzo. 175

chio, le chiedeva, colla sua bella voce che sembrava venire di sotto il tavolino: — Quando verrà il mio quarto d’ora? — E Lupi diceva che voleva farle il ritratto, «se era tutt’oro quello che riluceva». — Oro di coppella, com’è vero Iddio! — sghignazzava Gennaroni. Il tenore invece non parlava d’altro che di scritture e di telegrammi che aspettava; di cabale che gli montavano contro tutti i giorni; di gente a cui voleva rompere il muso. Dell’amore, lui, non sapeva che farne: era buono da mettere in musica soltanto; più d’una volta cogli amici aveva detto chiaro e tondo quel che pensava di Gennaroni, lui stupido che si era appiccicato quel cerotto, una che tossiva sempre, come se gli fossero mancate altre donne, a quel macaco!

Una sera capitò anche il maestro, il quale aveva fatto san Michele lui pure, ora che al Caffè Nazionale c’era un giocatore di bussolotti. Gennaroni si fregava le mani sbraitando: — Vedrete che chiuderanno fra due mesi! Ve lo dico io! — Assunta si sentì come un tuffo