Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/106

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di un centesimo. Ciò sorprese un po’ Gambalesta, che sapeva tutto ciò che il padrone doveva alla devozione della guida. Il Parsì aveva difatti arrischiato volontariamente la vita nell’affare di Pillaji, e se in avvenire gli Indù lo sapessero, egli sfuggirebbe difficilmente alla loro vendetta.

Rimaneva anche la questione di Kiunì. Che fare di un elefante comperato così caro? Ma Phileas Fogg aveva già preso una risoluzione a questo riguardo.

«Parsì, diss’egli alla guida, tu sei stato fedele e affettuoso. Ho pagato il tuo servizio ma non la tua affezione. Vuoi quest’elefante? È tuo.»

Gli occhi della guida brillarono. «È una fortuna che Vostro Onore mi dà! esclamò egli.

— Accetta, guida, rispose il signor Fogg, è sarò io ancora tuo debitore.

— Così va bene! esclamò Gambalesta. Prendi, amico Parsì! Kiunì è un bravo e coraggioso animale!»

E, avvicinandosi alla bestia, le presentò alcuni pezzetti di zuccaro, dicendo: «To’, Kiunì, to’, to’!»

L’elefante mandò qualche grugnito di soddisfazione, indi prendendo Gambalesta per la vita, ed avviluppandolo con la proboscide, lo alzò sino all’altezza della sua testa. Gambalesta, punto spaventato, fece una buona carezza all’animale che lo ripose adagino adagino a terra, e, alla stretta di proboscide dell’onesto Kiunì rispose una vigorosa stretta di mano dell’onesto giovane.

Da lì a pochi minuti, Phileas Fogg, sir Francis Cromarty e Gambalesta, adagiati in un comodo v