Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/116

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vantaggio che poteva trarre da quel malaugurato caso. Ritardando la sua partenza di dodici ore, egli aveva tenuto consiglio coi sacerdoti di Malebar-hill; aveva loro promesso un indennizzo considerevole, sapendo bene che il governo inglese si mostrava severissimo per quel genere di delitti; indi col treno successivo li aveva lanciati sulle tracce del sacrilego. Ma a cagione del tempo impiegato alla liberazione della giovane vedova, Fix e gli Indù giunsero a Calcutta prima del signor Fogg e del suo servo, che i magistrati avvisati per dispaccio dovevano arrestare alla loro discesa dal treno. Figuratevi il dispetto di Fix, allorchè seppe che Phileas Fogg non era ancora giunto nella capitale dell’India! Egli dovette credere che il suo ladro, fermandosi ad una delle stazioni del Peninsular railway, si era rifugiato nelle provincie settentrionali. Durante ventiquattr’ore, in mezzo a mortali inquietudini, Fix lo appostò alla stazione. Quale fu dunque la sua gioia allorchè quella mattina stessa lo vide scendere dal vagone in compagnia, vero è, di una giovane donna, di cui non poteva spiegarsi la presenza. Subito gli lanciò addosso il policeman, ed ecco come il signor Fogg, Gambalesta e la vedova del rajà del Bundelkund furono tratti dinanzi al giudice Obadiah.

E se Gambalesta fosse stato meno preoccupato del fatto suo, avrebbe scorto, nell’angolo del pretorio, il detective che seguiva il dibattimento con un interesse facile a comprendere, poichè a Calcutta, come a Bombay, come a Suez, il mandato d’arresto gli mancava ancora.

Però, il giudice Obadiah aveva preso atto della confessione di Gambalesta, che avrebbe dato tutto quello che possedeva per ritirare le sue imprudenti parole.