Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/181

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Giappone. Non s’ingannava; ma in mancanza di carne da macello, il suo stomaco si sarebbe volentieri rassegnato ai pezzi di cinghiali o di daini, alle pernici od alle quaglie, al pollame od al pesce, di cui i Giapponesi si nutrono quasi esclusivamente in un col prodotto delle risaie. Ma dovette far buon viso a cattiva fortuna, e rimandò alla domane la cura di provvedere al suo vitto.

Venne la notte, Gambalesta rientrò nella città indigena, ed errò nelle vie in mezzo alle lanterne multicolori, guardando i gruppi di funamboli eseguire i loro prodigiosi esercizii, e gli astrologhi all’aria aperta che addensavano la folla intorno al loro cannocchiale. Indi egli rivide la rada, smaltata dai fianchi dei pescatori, che attiravano il pesce alla luce di resine infiammate.

Finalmente le strade si spopolarono. Alla folla succedettero le ronde di yakunini (specie di guardie di pubblica sicurezza). Quegli ufficiali, nei loro magnifici costumi e in mezzo al loro seguito, parevano tanti ambasciatori, e Gambalesta ripeteva tra sè piacevolmente, ogni volta che incontrava taluna di tali pattuglie risplendenti:

«Ci siamo! Ecco un’altra ambasciata giapponese che parte per l’Europa!»