Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/189

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Ma invece di formare questa piramide pigliando le loro spalle per punto d’appoggio, gli artisti dell’onorevole Batulcar non dovevano sorreggersi che sui loro nasi. Ora, siccome uno di quelli che formavano la base del carro aveva abbandonato la compagnia, e siccome bastava essere vigoroso e destro, Gambalesta fu scelto per surrogarlo.

Certo che il degno giovine si sentì tutto mortificato, quando — triste ricordo della giovinezza — egli ebbe indossato il suo vestito del medio evo, adorno di ali multicolori, e che un naso di sei piedi gli fu applicato sulla faccia! Ma alla fin fine quel naso gli dava il pane, e si fece animo.

Gambalesta entrò in scena ed andò a schierarsi con que’ suoi colleghi che dovevano formare la base del Carro di Jaggernaut. Tutti si stesero a terra, col naso ritto al cielo. Una seconda squadra di equilibristi andò a posarsi su quelle lunghe appendici, una terza le tenne dietro, indi una quarta, e su quei nasi che si toccavano soltanto per la punta, un monumento umano s’innalzò in brev’ora sino al soffitto del teatro.

Ora, gli applausi raddoppiavano e gl’istrumenti dell’orchestra rintronavano come tanti fulmini, quando la piramide vacillò, l’equilibrio si ruppe, uno dei punti d’appoggio della base venne a mancare, e il monumento crollò come un castello di carte....

Era Gambalesta che, abbandonando il suo posto, saltando la balaustra senza il soccorso delle sue ali, ed arrampicandosi sulla galleria di destra, cadeva ai piedi di uno spettatore, esclamando:

«Ah! padron mio! padron mio!

— Voi?

— Io!