Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/205

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— Un cittadino inglese...» rispose Phileas Fogg.

Ma il gentleman non potè terminare la sua frase. Dietro a lui, da quel terrazzo che precedeva la scalinata, si udirono urli spaventosi. Si gridava: «Urrà! Hip! Hip! per Mandiboy!» Era una turba di elettori che giungeva alla riscossa, pigliando di fianco i partigiani di Kamerfield.

Il signor Fogg, mistress Auda e Fix si trovarono tra due fuochi. Era troppo tardi per iscantonare. Quel torrente d’uomini, armati di bastoni piombati e di cassetéte era irresistibile. Il signor Phileas Fogg e Fix, preservando la giovane donna, furono maledettamente scrollati. Il signor Fogg, non meno flemmatico che di consueto, volle difendersi con quelle armi naturali che la natura ha poste alla punta delle braccia di qualunque inglese, ma inutilmente. Un enorme omaccione dalla barba rossa e dalla carnagione colorita, largo di spalle, che pareva il capo della turba, alzò il suo formidabile pugno sul signor Fogg, ed avrebbe conciato in brutto modo il nostro gentleman, se Fix, per devozione, non avesse ricevuto il colpo in vece sua. Un’enorme gobba si sviluppò istantaneamente sotto il cappello di seta del detective, trasformato in semplice berretta.

«Yankee! disse il signor Fogg, lanciando al suo avversario uno sguardo di profondo disprezzo.

English! rispose l’altro.

— Ci ritroveremo!

— Quando vi piacerà.

— Il vostro nome?

— Colonnello Stam Proctor. Il vostro?

— Phileas Fogg.»

Indi, ciò detto, la marea passò oltre. Fix fu gettato