Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/206

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a terra e si rialzò con gli abiti laceri, ma senza ammaccature serie. Il suo soprabito da viaggio si era diviso in due parti inuguali, ed i suoi pantaloni rassomigliavano a quei calzoni di cui certi Indiani, — questione di moda, — non si vestono se prima non ne hanno tolto via il fondo. Ma insomma, mistress Auda era stata risparmiata, e, solo, Fix si era buscato il suo pugno.

«Grazie, disse il signor Fogg all’ispettore, appena furono fuori della folla.

— Non c’è di che, rispose Fix, ma venite via.

— Dove?

— Da un negoziante di abiti fatti.»

Infatti, codesta visita era opportuna. Gli abiti di Phileas Fogg e di Fix erano a brandelli, come se quei due gentlemen si fossero battuti per conto degli onorevoli Kamerfield e Mandiboy.

Un’ora dopo essi erano convenientemente vestiti e riforniti di cappello. Indi ritornarono a International-Hôtel.

Ivi Gambalesta aspettava il suo padrone, armato di una mezza dozzina di revolver-pugnali a sei colpi. Quand’egli scorse Fix in compagnia del signor Fogg, la sua fronte si oscurò. Ma dappoichè mistress Auda ebbe narrato in poche parole tutto quanto era accaduto, Gambalesta si rasserenò. Evidentemente, Fix non era più un nemico, era un alleato. Egli manteneva la sua parola.

Terminato il pranzo, venne la carrozza che doveva trasportar alla stazione i viaggiatori e i bagagli. Al momento di por piede sulla predella, il signor Fogg disse a Fix:

«Non avete più riveduto quel colonnello Proctor?