Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/214

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bile massa.

Si vedevano quei ruminanti, — quei «buffalos» come li chiamano impropriamente gli americani, — camminare così col loro passo tranquillo, emettendo di tanto in tanto formidabili belati. Avevano una corporatura superiore a quella dei tori d’Europa, le gambe e la coda corte, il dorso emergente e formante una gobba muscolare, le corna scostate alla base, la testa, il collo e le spalle coperte da una criniera a lunghi peli. Non era neppur da pensare di fermare quella emigrazione. Quando i bisonti hanno adottato una direzione, nulla giova a farli deviare o modificare il loro cammino. È un torrente di carne viva, che nessuna diga potrebbe contenere.

I viaggiatori, sparsi sui passatoi, guardavano quel curioso spettacolo. Ma colui che doveva avere maggior fretta di tutti, senza dubbio, Phileas Fogg, era rimasto al suo posto ed aspettava filosoficamente che piacesse ai bufali di sgombrargli il passo. Gambalesta era furente pel ritardo che cagionava quell’agglomerazione di animali. Egli avrebbe voluto scaricare contro di essi il suo arsenale di revolver.

«Che paese! esclamò egli, semplici buoi che fermano i treni, e che se ne vanno al passo di processione, senza neppur accorgersi che imbarazzano la circolazione! Perdinci! Vorrei proprio sapere se il signor Fogg aveva previsto questo contrattempo nel suo programma! E quel macchinista che non osa lanciare la sua macchina in mezzo a quelle bestie!»

Il macchinista non aveva tentato di abbattere l’ostacolo ed aveva agito prudentemente. Egli avrebbe schiacciato senza dubbio i primi bufali investiti dallo sperone della locomotiva; ma, per potente che ella fosse, la macchina sarebbe stata fermata ben presto, un