Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/23

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— No, rispose Ralph.

— È dunque un industriale? disse John Sullivan.

— Il Morning Chronicle assicura che è un gentleman.

Colui che diede questa risposta non era altri che Phileas Fogg, la cui testa emergeva allora dall’onda di carta che erasi ammansata intorno a lui. In pari tempo, Phileas Fogg salutò i suoi colleghi, che gli restituirono il saluto.

Il fatto in discorso, che i diversi giornali del Regno Unito discutevano con ardore, era accaduto tre giorni prima, il 29 settembre. Un fascio di banconote, formante l’enorme somma di cinquantacinquemila sterline, era stato preso sul tavolino del cassiere principale della Banca d’Inghilterra.

A chi si stupiva che un tal furto avesse potuto effettuarsi tanto facilmente, il vice-governatore Gualtiero Ralph si limitava a rispondere che in quello stesso momento il cassiere era occupato a registrare un incasso di tre scellini e sei pence, e che non si può aver gli occhi dappertutto.

Conviene far osservare qui, — lo che rende il fatto più spiegabile, — che quell’ammirabile stabilimento della Bank of England pare affannarsi estremamente per la dignità del pubblico. Nessuna guardia, nessun invalido, nessun cancello! L’oro, l’argento, i biglietti sono esposti liberamente e per così dire in balìa del primo che capita. Non si oserebbe porre in sospetto l’onorabilità di un passante qualunque. Uno dei migliori osservatori degli usi inglesi narra perfino questo: In una delle sale della Banca in cui egli si trovava un giorno, ebbe la curiosità di vedere più da vicino una verga d’oro del peso di sette ad otto libbre, che